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STRAGE DI USTICA

Sindaco Lepore, di quale sentenze parla?

Come una menzogna trova forza nell'ossessiva ripetizione

Lepore: "Ho imparato la pace dai partigiani"

Matteo Lepore

Ieri, altra iniziativa, a Bologna, per chiedere di non archiviare le nuove indagini sulla Strage di Ustica, con la partecipazione diretta, da protagonista, del sindaco della città, Matteo Lepore

Il primo cittadino, nel perorare la causa dell'associazione guidata dalla sua collega di partito Daria Bonfietti, ha espressamente chiesto ai magistrati di non abbandonare quella pista - la tragedia come conseguenza di una battaglia aerea, in cui sarebbero stati coinvolti velivoli militari della Nato, italiani e non - che sarebbe stata indicata "dalle sentenze" ormai passate in giudicato.

Ecco, il nodo è esattamente questo. E su questo andrebbe interrogato il sindaco: quali sentenze, che hanno giudicato il tragico accadimento avvenuto nei cieli di Ustica, il 27 giugno 1980, attesterebbero che il Dc9 Itavia sarebbe stato abbattuto da un missile o sarebbe precipitato a causa dell'interferenza in volo di jet militari?

Ora, che una menzogna tragga forza dall'ossessività con cui la si ripete, dalla diversità delle sedi in cui viene ribadita e dalla presunta autorevolezza di chi la propala, è regola antica come il mondo. In questo caso, però, la falsità di ciò che il sindaco afferma, supera di gran lunga i limiti della decenza e della più semplice onestà intellettuale.

Infatti, esiste una sola sentenza - nell'ambito di un processo celebrato esattamente per valutare le richieste e le ipotesi del giudice istruttore che si era occupato delle indagini, Rosario Priore, e che vertevano espressamente sulla possibilità  che l'aereo fosse stato coinvolto in un evento di tipo bellico - che ha stabilito quale sia la verità giudiziaria della Strage di Ustica. Un processo ampio, articolato, con quasi 300 udienze - 272, per la precisione - e il cui esito è strettamente aderente al complesso delle perizie - tantissime, sia d'ufficio che di parte - che sono state prodotte e vagliate nel dibattimento. Quella sentenza dichiara pure fantasia l'idea che, in quel braccio di Tirreno, nella fatale notte, si fosse svolta una battaglia tra aerei militari, col velivolo civile a far da vittima collaterale.

Punto e basta. Chi sostiene altro, o è ignorante di questa storia processuale o è uno spudorato bugiardo.

Altre sentenze, emesse da tribunali civili, infatti - per quanto bizzarramente autorizzate ad assumere come valide anche altre ipotesi, evidentemente -, non hanno stabilito sulla base di chissà quali nuovi e diversi elementi - soppesati e trasformati in prove in un dibattimento pubblico tra le parti: l'unica sede giuridiche in cui l'indizio può essere elevato a prova, secondo il nostro ordinamento - una verità giudiziaria alternativa a quella emersa in sede penale; bensì, assumendo in modo apodittico come valida l'ipotesi di Priore e alla luce di quella convinzione, hanno giudicato la ragionevolezza o meno di alcune richieste di risarcimento.

Nei sopra detti procedimenti civili, si esclude che l'aereo sia stato distrutto da una bomba e si attesta la "favola" della battaglia tra "supersonici" di varia nazionalità, ma senza apportare, agli atti, nessun concreto elemento capace di avvalorare questa tesi o di destituire di fondamento quella stabilita in sede penale.

Perché, allora, insistere tanto su un'ipotesi che, quando è stata portata al vaglio della magistratura, non ha minimamente retto al confronto dibattimentale? Quale oscura verità si sarebbe voluta nascondere, con una sentenza che, se si insiste sulla battaglia aerea, sarebbe un'onta indelebile, prima che per i governi della Repubblica e per le articolazioni militari dello Stato, sulla coscienza della magistratura italiana?

In fondo, nessuno nega - come ormai è arrivata a credere una parte dei cittadini italiani - che l'aereo sia stato distrutto a causa di un'azione terribile. Anzi, mentre i sostenitori della battaglia aerea, implicitamente, ammettono anche la involontarietà della strage - il Dc9 non era il "target" dei caccia militari -, chi insiste, e a buona ragione, sulla bomba, segnala come quelle 81 persone siano state deliberatamente assassinate. Pur restando il mistero sul chi le avrebbe assassinate.

La risposta, a ben vedere, può essere trovata nella cronologia dell'inchiesta e del processo per la Strage di Ustica e nella sua stretta connessione con la successiva Strage di Bologna.

Dell'ipotesi di una battaglia aerea, infatti, iniziarono a parlare, poche settimane dopo l'attentato, due organi di stampa, la cui genesi, attendibilità e imparzialità non sono certamente al di sopra d'ogni sospetto. Per la precisione, L'Occhio, diretto dall'allora piduista convinto Maurizio Costanzo - il pentimento per quell'iscrizione, il giornalista, la manifesterà solo diversi anni dopo questi fatti - e da l'Unità. Come dire: gatto e topo, apparentemente nemici implacabili, uniti nella lotta, come spesso sono i Tom e Jerry del noto cartone animato

Questa ipotesi risultò molto utile, più che a cercare la verità, a far dimenticare rapidamente come, di un attentato vero e proprio, consumato con una bomba a bordo, avevano parlato immediatamente i servizi segreti italiani, segnalando diligentemente anche matrice ed esecutore: i neofascisti dei Nar, grazie alla volontà suicida di Marco Affatigato

Il depistaggio, però, non andò a buon fine, in quanto Affatigato, vivo e vegeto, si costituì alla polizia francese, per evitare di essere assassinato da chi aveva orchestrato la bufala e che, con la sua morte, avrebbe sigillato una verità non più smentibile da nessuno per il disastro di Ustica.

Poi, però, il successivo attentato di Bologna e, poi, il terremoto dell'Irpinia, distrassero l'opinione pubblica, tra l'estate e l'autunno, e di una battaglia aerea sul Tirreno quasi non si parlò più praticamente per anni.

Anzi, per circa otto anni. E' nel 1988, infatti, che qualcuno convince nuovamente Priore che in uno scontro tra aerei Nato, forse alla caccia di Muhammar Gheddafi, potrebbe essere finito tragicamente il Dc9 Itavia. E questa storia prende corpo grazie anche alla pubblicità che la televisione pubblica dà alle tesi, orientate in questa direzione, da un giovane giornalista, Andrea Purgatori. Sarà un caso, ma proprio nei mesi in cui inizia a riprendere quota questa "verità alternativa", sono gli stessi in cui, dopo tre anni di feroci scontri in aula, sta per concludersi il primo processo per la Strage di Bologna. Quello che condannerà quasi tutti gli imputati, non solo quelli per i quali, dopo altri processi, sarà confermata la colpevolezza, ma anche altri che, invece, saranno successivamente assolti.

Una polemica, insomma, quella che si crea intorno alle ipotesi di Priore che, di conseguenza, condiziona anche il processo per la strage alla stazione, essendo che la già allora evocata "cornice storica e politica" dell'attentato di Bologna sarebbe risultata alquanto differente, se si fosse dovuto ragionare un attentato altrettanto grave - la differenza tra i due è di 4 vittime -, certamente ascrivibile, come altri precedenti e successivi, al terrorismo mediorientale. O quanto meno, un attentato, per il quale, allo stesso modo in cui erano stati scovati gli imputati per la stazione, si era tentato di creare un colpevole e anche della stessa fazione politica.

Quel che è certo, insomma, è che su Ustica - come su tutto ciò che concerne la storia recente di questa bizzarra Italia - ognuno ha la possibilità e la libertà di credere a qualsiasi cosa e di farne anche oggetto di battaglia politica. Però, non si ha il diritto - nemmeno se si è sindaco di Bologna, anzi, a maggior ragione - di sostenere che tesi alternative all'attentato con una bomba siano state avvalorate dalla magistratura. Forse, questo sì, avallate da alcuni magistrati e da alcune sentenze, ma non avvalorate. E tra avvalorare un'ipotesi con una sentenza e avallarne una differente tramite un altro genere di verdetti, per chi conosce la Giustizia italiana, la differenza è abissale

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