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L'intervista

Mauro Malavasi: "Il mio amico Jimmy Villotti, un artista che non si faceva ingabbiare"

Un doppio album dedicato al chitarrista scomparso, cui oggi Bologna intitola una stella in via Orefici

Mauro Malavasi: "Il mio amico Jimmy Villotti, un artista che non si faceva ingabbiare"

Assieme a quella di Lucio Dalla, la stella di pietra che Bologna, oggi, dedicherà a Jimmy Villotti, in via Orefici, nella strada dove sono ricordati i più grandi artisti della città, è destinata a rifulgere più di tutte le altre. E non tanto e non solo per l’incontestabile valore del chitarrista, dell’autore di musiche e parole straordinarie, dello strumentista che ha accompagnato Paolo Conte e Ornella Vanoni, che ha collaborato con gli “Stadio” o Lucio Dalla; ma per l’umanità e la simpatia che ha condiviso con tutti gli artisti che hanno lavorato con lui o con gli amici e finanche i semplici conoscenti con cui ha condiviso le mille e mille ore della interminabile e magica notte bolognese.

Per parlare dell’evento che consacrerà Jimmy nell’empireo della musica petroniana e nazionale, non c’è interlocutore migliore di Mauro Malavasi, altro gigante della pentagramma, capace di saltare dalla provinciale Bologna alla ribalta della musica mondiale e che, del chitarrista, è stato amico fedele e assiduo fino agli ultimi giorni.

Classe 1944 - la stessa di Gianni Morandi, altro suo grande amico di una vita intera -, Jimmy è stato ingaggiato nella band celeste lo scorso 6 dicembre 2023, lasciando un vuoto incolmabile in tutti coloro che lo hanno conosciuto, apprezzato e amato.
Malavasi, all’indomani del triste evento, ha deciso di raccogliere in un doppio album - edito col titolo “Jimmy Villotti” e disponibile anche su Spotify - la biografia artistica di Jimmy: solo amicizia o anche un tributo artistico?

Mauro Malavasi

«È stata una reazione spontanea alla sua scomparsa, purtroppo non improvvisa, ma segnata da una sofferenza non breve. Voglio che tutti conoscano Pippo, come affettuosamente l’ho sempre chiamato io, non solo per il musicista che ha accompagnato con la sua chitarra i nomi più importanti della canzone italiana, ma anche come raffinatissimo autore di testi e musiche».

È un doppio album con un filo conduttore, con un tratto particolare che ne riassume l’intera produzione?
«Jimmy è stato il prototipo dell’artista puro, con una sua tavolozza di colori originalissima con cui ha interpretato, sperimentando diversi generi musicali, i sentimenti e le emozioni sue e di ciascuno di noi. Le sue canzoni non si possono e non si devono spiegare: bisogna ascoltarle e, già solo così, dicono tutto, tanto sono belle, perfette».

Anche se non sempre hanno avuto il successo che avrebbero meritato?
«Jimmy non ha mai inseguito il successo, anzi, semmai lo ha rifuggito. Già al suo esordio, quando suonava nel gruppo Jimmy Mec, vinse un premio importante, con annesso contratto con la Fonit Cetra, ma lui non si lasciò ingabbiare da questo. Riprese a scrivere musica e testi seguendo solo la sua specialissima sensibilità».

Un carattere che lo ha fatto amare molto dai suoi colleghi, infatti. Basti pensare che Paolo Conte gli ha dedicato una canzone, “Jimmy Ballando”: un gesto non proprio usuale, tra “colleghi”...
«... e nel doppio album c’è anche un duetto con Lucio Dalla, altro immenso artista che, non appena ne aveva l’occasione, amava suonare insieme a Jimmy. E non era solo questione di carattere, di simpatia e amicizia: Jimmy era proprio un fenomeno, uno veramente bravissimo».

Amicizia, confidenza, frequentazione: la scuola musicale bolognese - se c osì ssi può definire - sembra avere una caratteristica unica, cioè, quella di essere non solo molto ben nutrita di talenti straordinari, ma anche di essere composta da artisti che si frequentano assiduamente, che non nutrono invidia l’uno per l’altro, che si amalgamano e, semmai, non appena possibile collaborano tra di loro. Non la pensi così anche tu, che di questa “eletta schiera” fai parte a pieno titolo?
«Francamente, non so dirti se a Genova, a Milano o a Roma sia diverso. Certo, quando, tanti anni fa, misi andai alla mitica trattoria “da Vito”, mi sembrò di essere nel backstage di Sanremo. Erano tutti lì: Dalla, Francesco Guccini, Gianni Morandi, ma anche quelli più giovani, come Luca Carboni e Samuele Bersani, poi gli arrangiatori, gli strumentisti e chi più ne ha più ne metta. E il clima era quello di un gruppo di amici e colleghi che amavano il loro mestiere, con grande stima l’uno per l’altro, con grande voglia di fondere le rispettive esperienze, di mettere a confronto le proprie capacità senza stupide manie competitive».

Jimmy è nato a Budrio, nella bassa, eppure aveva un amore viscerale per Bologna, per le sue strade, per i suoi portici, dove lo si poteva incontrare a passeggiare anche nelle ore più alte della notte…
«... una città a cui stava dedicando un’originalissima opera teatrale, di cui stava curando il testo - perché Pippo era artista a tutto tondo: suonava, scriveva canzoni, ma anche libri -, le musiche e gli allestimenti. Si sarebbe dovuta intitolare “Bologna la Beautiful”. Ed è un grande peccato che non abbia fatto a tempo a portarla in scena».

Jimmy Villotti al piano con la moglie Natascia

Potrebbero pensarci gli amici come te?
«Sarebbe bello e, se fosse possibile completare il lavoro rispettando lo spirito con cui lo avrebbe realizzato lui, perché no?».

Jimmy, come ha ricordato Vinicio Capossela al suo funerale, è stato anche un artista generoso, capace di condividere il suo talento non solo coi colleghi famosi, ma anche coi ragazzi anonimi e principianti di un corso di chitarra.
«È vero. All’Antoniano di Bologna, una delle chiese che amava di più, ha insegnato a tanti ragazzi e a tante ragazze a tenere la chitarra in mano, a spremere dalla corde emozioni e divertimento. Per altro, Jimmy è stato un uomo di un’integrità morale assoluta, di una profondissima religiosità, per quanto tormentata a causa della sofferenza, con una grande passione anche intellettuale per il Vangelo e lettere di San Paolo».

Chiederti se sia meritata la stella che in via Orefici ne consacrerà, oggi, la figura e l’opera, dir non è mestieri. Piuttosto, cosa scriveresti adesso a Jimmy, se potessi indirizzare a lui un telegramma?
«Tutto bene, Pippo! Tutto bene!»

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