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Arte
11 Ottobre 2024 - 08:00
Persone al museo - foto di scena
Un'armonia che cattura lo spettatore, in un vortice ipnotico da cui è difficile staccarsi.
«Devi fissarla, che tu lo voglia o no. Devi amarla, che tu lo voglia o no», ha detto Martin de Munnik, della società di ricerca Neurensics che ha condotto lo studio.
Ma c'è una spiegazione scientifica a tutto ciò. A rivelarlo è un studio effettuato dal Museo Mauritshaus a L'Aia, in Olanda, dove il dipinto è custodito: basandosi sul monitoraggio dei movimenti degli occhi e dell'attività cerebrale di un gruppo di volontari, hanno svelato il mistero. Ecco cosa ci attira tanto di quest'opera.
Nell'esperimento sono state usate telecamere per tracciare i movimenti oculari dei partecipanti, i quali sono stati poi sottoposti a tecniche di analisi non invasive come la risonanza magnetica (MRI) e l'elettroencefalogramma, per monitorare l'attività cerebrale. È così che si sono scoperti i tre punti di attrazione del dipinto.
Questo meccanismo si ritrova in molti altri dipinti, sia di Vermeer sia di altri artisti, come la Gioconda di Leonardo da Vinci, sebbene ne "La ragazza con l’orecchino di perla" sia particolarmente potente.
Infine, lo studio ha dimostrato che le reazioni emotive suscitate dall'opera originale sono dieci volte più intense rispetto a quelle provocate da una riproduzione. Questo risultato, evidenziano i responsabili del museo, sottolinea l'importanza dei musei nel permettere un incontro diretto con l'arte.
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