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EMILIA ROMAGNA: voci e volti della campagna elettorale

Isabella Conti, il volto "nuovo" del Partito democratico

L'x-sindaco di San Lazzaro scommette su Ambiente e Welfare

Isabella Conti, il volto "nuovo" del Partito democratico

Isabella Conti, candidata del Pd alle elezioni regionali

La candidatura di Isabella Conti nelle file del Partito democratico era, allo stesso tempo, la più scontata e la più attesa, dal momento che, quella dell'ex-sindaco di San Lazzaro, nell'ultimo decennio, è stata la figura più popolare e più capace di raccogliere consensi anche al di là del perimetro stretto del partito E il ruolo di prima cittadina del suo Comune lo ha interpretato effettivamente sempre con una notevole autonomia rispetto alle linee generali del Pd bolognese, senza paura di affrontare il confronto - e anche la polemica più dura - all'interno dello stesso Pd. Nessuna voce si è alzata contro la sua candidatura nella lista provinciale di Bologna, passando all'unanimità come tutte le altre 10 proposte dal partito di maggioranza relativa del capoluogo emiliano.

Dieci anni da sindaco e con il consenso largo della sua comunità sono certamente un bel curriculum, al nastro di partenza di questa nuova corsa elettorale, no?

Dieci anni molto intensi e pieni di difficoltà, non lo nascondo e credo che il mio partito abbia dato un bel segnale, schierando in prima fila amministratori con esperienze importanti alle spalle e che hanno dimostrato già di esser stati capaci di stare vicini alla propria gente - i sindaci sono il volto della politica che i cittadini incontrano quotidianamente per le strade delle rispettive città, specialmente in provincia - e di saper restare prossimi ai problemi, nella consapevolezza di come, di fronte a questi, per prima cosa, bisogna concentrarsi sulle soluzioni.

San Lazzaro, che è la città dell'Idice, è stato tra quelli che ha resistito meglio alle recenti sfuriate degli elementi e dall'esondazione del corso d'acqua. Non è stata solo fortuna, giusto?

Guardi, nel 2019, quando per la prima volta il fiume superò la zona rossa, ero sul ponte della Ponticella a monitorare, preoccupata, la situazione. Chiesi subito di allertare tutte le strutture per un eventuale piano di evacuazione delle persone nelle aree a rischio, scoprendo esterrefatta che non esisteva alcun piano. Per tanto, chiamai a raccolta tutte le migliori energie tecniche disponibili per colmare questa mancanza, determinata dal fatto che, da decenni e decenni, non era mai successo che l'Idice oltrepassasse quella soglia. Poi, con investimenti silenziosi, in accordo con la Bonifica renana, abbiamo speso oltre 300 milioni per prevenire il dissesto idrogeologico nelle aree maggiormente a rischio e più prossime alle abitazioni. E i risultati, dal centro a Castel de' Britti, dai Calanchi alla Ponticella, si sono visti. Purtroppo, restano problemi ancora da risolvere nella Val di Zena e in altre località montane che pur appartengono a San Lazzaro.

Problemi che si possono risolvere in che modo?

Con grande pragmatismo, ma anche investendo e finanziando la delocalizzazione di quei cittadini che attualmente vivono in posti che, a causa dei cambiamenti del clima e della violenza delle precipitazioni degli ultimi anni, sono diventati estremamente pericolosi, anzi, troppo rischiosi per non pensare a interventi radicali. Pensi a quanto detto prima: nel 2019 l'Idice superò il livello di guardia, per la prima volta, dopo decenni. Dal 2019 a oggi, lo ha fatto altre 40 volte. Si può e si devono investire risorse anche in questa direzione.

Questo, però, significa anche costruire nuove case, quando proprio la cementificazione del territorio è una delle cause - e delle accuse a chi ha sempre governato la Regione - di questo dissesto. Lei è stata una paladina contro la costruzione selvaggia di case e palazzi a San Lazzaro, ha anche incontrato delle resistenze nel suo stesso partito, ha cambiato idea?

No, affatto. Considero la proliferazione delle costruzioni in Emilia Romagna un fenomeno selvaggio, scriteriato e sconsiderato, per altro del tutto analogo a quello che ha riguardato la Lombardia o il Veneto, ma che è stato anche in frutto principalmente di un modello e di una cultura dello sviluppo poco lungimirante e che vedeva nella moltiplicazione dei cantieri e delle costruzioni il simbolo concreto della crescita economica, il fattore più importante per l'aumento del benessere generale. Oggi, dobbiamo guardare al futuro con occhi diversi e nuovi, avere più attenzione per l'ambiente, sapendo bene come la Natura, se la si violenta eccessivamente, alla fine si vendica.

Si sta lasciando sedurre dalle filosofie della decrescita?

Tutt'altro, io parlo di rigenerazione urbana. Bisogna investire tutti, pubblico e privato, in nuovi modelli aggregativi e di sviluppo che portino alla creazione di nuove comunità che, oltre che a vivere in luoghi più sicuri, trovino nell'edificazione di questi stessi luoghi nuove opportunità economiche e di benessere sociale e personale. Penso, ad esempio, alle zone industriali dismesse che, oggi, possono essere al centro di vaste operazioni di demolizione, bonifica dei terreni, smaltimento dei materiali pericolosi, al fine di potervi edificare nuove costruzioni rispettose dell'ambiente e che ne sostituiscano altre che possano essere restituite al verde. 

Occorrono tanti soldi, però, per idee di questo tipo.

La Regione Emilia Romagna deve saper investire, anche meglio di come attualmente fa l'Unione europea che, per esempio, chiede all'Agricoltura di votarsi alla transizione green, ma, poi, non investe le risorse che sarebbero necessarie a far sì che questa rivoluzione, che ci vuole, venga vissuta come un'opportunità dalla gente e non come un'ulteriore sciagura. Ambiente e Welfare non sono due temi distinti dell'agenda politica, anche regionale, ma due facce della stessa medaglia che mi vedranno impegnata in prima persona nei prossimi anni. 

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