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STRAGE DI BOLOGNA 2 AGOSTO '80
31 Ottobre 2024 - 13:42
L'edizione del XVI secolo dell'Indice dei libri proibiti.
Tutto parte da La Repubblica che, lo scorso 11 ottobre, diffonde scandalizzata la notizia che in un libro - Giornalista italiano. L'esame da professionista in più di 100 domande e risposte, edito da Agenmedia e curato da Carlo e Adriano Izzo e Francesca Pantanella - si sostiene la tesi, secondo la quale - in estrema sintesi - il 2 agosto 1980, alla stazione centrale di Bologna, sarebbe esplosa una bomba, probabilmente in modo non preventivato, nel corso di un trasporto di esplosivo che vedeva coinvolte le Brigate rosse. Una tesi che contrasta diametralmente con le risultanze processuali, ma che affonda qualche solida radice in recenti e importanti inchieste giornalistiche. Basti pensare che, pur avendone ottenuta la condanna, a tutt'oggi nessun inquirente o investigatore è mai riuscito a dimostrare l'effettiva presenza a in città, in quella tragica mattina, di nessuno tra Francesca Mambro, Valerio Fioravanti, Luigi Ciavardini e Gilberto Cavallini. Di contro, è stato dimostrato inequivocabilmente che, nella notte tra l'1 e il 21 agosto, in almeno tre distinti hotel di Bologna - di cui due prospicienti proprio lo scalo ferroviario - dormirono noti esponenti dell'eversione comunista, tra cui Brunello Puccia, Francesco Marra e, sopra a tutto, Thomas Kram. Inoltre, anche la tesi dell'esplosione accidentale della bomba non è un'invenzione degli autori del testo messo sotto accusa da Repubblica, bensì l'ipotesi più concreta sostenuta da Danilo Coppe, il superperito del Tribunale di Bologna che ha analizzato i resti dell'ordigno. Fin qui, però, potrebbe sembrarsi di un mero dibattito intellettuale, dove ciascuna delle parti sostiene la propria versione preferita dei fatti. Ma Repubblica è andata oltre, lamentando e raccogliendo analoga indignazione espressa da Paolo Bolognesi, ex-parlamentare del Pd e presidente dell'associazione dei familiari delle vittime, per il fatto che il libro degli Izzo e della Pantanella sarebbe uno dei testi preferiti dagli aspiranti giornalisti che devono superare l'esame di Stato per l'iscrizione all'Ordine nazionale. Insomma, Repubblica e Bolognesi non si sono limitati a criticare aspramente quel volume, ma hanno, di fatto, accusato l'Ordine nazionale dei giornalisti di promuoverne la diffusione. Chiamato così pesantemente in causa, l'Ordine - a livello nazionale - non ha potuto che smentire la notizia, sottolineando come, tra i testi indicati ufficialmente nel suo sito per la preparazione dell'esame, quello dell'Agenmedia non rientri. E' un libro come tanti altri, ovviamente e giustamente in libera vendita. La risposta, pur accompagnata da un'espressione di solidarietà verso Bolognesi e la sua associazione, evidentemente non è stata ritenuta sufficiente. Infatti, il Consiglio regionale Emilia Romagna, sempre dell'Ordine, ha ben pensato di diffondere pubblicamente una richiesta "all'editore Agenmedia per porre ripare a questo grave vulnus in un manuale che dovrebbe servire alla formazione delle nuove generazioni di colleghi, ritirando le copie eventualmente distribuite nelle librerie e sospendendo le vendite" sulle piattaforme online. Posizione singolarmente drastica, dal momento che si tratta di un libro indipendente, pubblicato da una casa editrice autonoma e che, appunto, non è collegata agli aspiranti giornalisti da altro che non sia la loro libera, personale ed eventuale preferenza. E questa trasformazione dell'Ordine dei giornalisti dell'Emilia Romagna in una sorta di riedizione dell'Indice dei libri proibiti di Paolo IV ha suscitato perplessità in più di un cronista di Bologna e della regione. Infatti, non è certo l'invocazione della censura e della soppressione dei testi, il viatico migliore per la formazione di cronisti imparziali e dotati di spirito critico e libertà di giudizio.
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