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Codice della strada
22 Novembre 2024 - 04:50
La riforma del Codice della Strada, appena approvata dal Senato, introduce una norma che ha fatto molto discutere: ora, per chi guida sotto l'effetto di droghe, non serve più dimostrare lo stato di alterazione psicofisica, ma basta il semplice riscontro di tracce di sostanze nel corpo, anche giorni o settimane dopo il loro consumo. Una misura che ha sollevato un acceso dibattito tra chi la considera un passo verso la sicurezza stradale e chi invece la vede come un'iniziativa repressiva e punitiva.
Questa norma cambia radicalmente le regole per tutti i consumatori di sostanze. Fino ad ora, se un guidatore veniva sospettato di aver assunto droghe, le forze dell'ordine dovevano accertare, attraverso un test preliminare, se fosse effettivamente in uno stato alterato. Se il risultato fosse stato positivo, il conducente veniva sottoposto a un ulteriore esame medico per verificare la sua capacità di guida. In sostanza, la guida sotto l'effetto di droghe veniva punita solo quando l’alterazione psicofisica era evidente. Con la nuova norma, però, non importa se la persona è lucida o meno. Se il test rileva la presenza di sostanze, anche dopo giorni dall'assunzione, la patente può essere sospesa.
Le critiche non si sono fatte attendere, soprattutto da parte di associazioni e movimenti che si battono contro le politiche proibizioniste. Secondo loro, questa modifica non migliora la sicurezza stradale, ma si inserisce in una strategia più ampia di repressione contro chi usa sostanze, non importa se in modo responsabile.
A far sorgere dubbi è soprattutto il fatto che le tracce di molte droghe, come il THC – il principio psicoattivo della cannabis – possano rimanere nel corpo per settimane. Nel caso della marijuana, ad esempio, il THC può essere rilevato nel sangue fino a tre settimane, mentre nella saliva le tracce possono persistere fino a tre giorni. Questo significa che una persona che ha usato cannabis giorni o settimane prima di mettersi alla guida potrebbe essere sanzionata, anche se non presenta alcun segno di alterazione.
Federica Valcauda, di Europa Radicale, ha sottolineato che la legge non tiene conto delle evidenze scientifiche, secondo cui l’effetto psicoattivo della cannabis svanisce poche ore dopo l’assunzione. Secondo lei, la norma è una "follia politica e scientifica" che non ha basi nel principio di sicurezza stradale e che potrebbe anche risultare incostituzionale, visto che punisce un comportamento non più rischioso a distanza di tempo.
Uno degli aspetti più controversi della riforma è la mancanza di distinzioni tra uso terapeutico e ricreativo. La legge non fa alcuna differenza tra chi usa cannabis per motivi medici e chi lo fa per svago. Il rischio di sospensione della patente si estende anche a chi assume droghe con regolare prescrizione medica. Antonella Soldo, coordinatrice dell'associazione antiproibizionista Meglio Legale, ha evidenziato come la norma colpisca anche i pazienti che si vedono già costretti ad affrontare difficoltà burocratiche per rinnovare la patente. Ora rischiano di perdere il permesso di guida per un uso legittimo e controllato di sostanze.
Alcuni attivisti hanno paragonato questa norma a una legge che sospendesse la patente a chi ha bevuto alcol giorni prima di mettersi alla guida. Se, ad esempio, una persona beve mezza bottiglia di vino una settimana prima e il test rileva tracce di alcol, la sua patente potrebbe essere sospesa. È un paragone che rende evidente il cuore della polemica: la legge non sembra mirare alla sicurezza stradale, ma a una penalizzazione preventiva, a prescindere dalla pericolosità effettiva del comportamento.
Il Ministro dei Trasporti, Matteo Salvini, ha difeso la norma, affermando che il messaggio è chiaro: "Se ti fai una canna, ti impasticchi o sniffi e poi ti metti alla guida, la patente te la ritiro e non la rivedi per tre anni". Ma mentre il governo punta a rafforzare la tolleranza zero nei confronti di chi guida dopo aver assunto droghe, molti esperti di diritto e sicurezza stradale si chiedono se questa nuova legge risolva davvero il problema delle morti sulle strade o se, piuttosto, non faccia altro che penalizzare inutilmente i consumatori di droghe leggere.
Le critiche si moltiplicano, con alcuni avvocati e movimenti che già prevedono ricorsi contro la legge, contestando la sua costituzionalità e l’efficacia in termini di sicurezza stradale. Il rischio è che questa misura possa non solo creare un ingiustificato allarme, ma anche portare a una serie di sanzioni che colpiscono in modo indiscriminato persone che non rappresentano un reale pericolo per la circolazione.
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