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POLITICA
27 Novembre 2024 - 15:43
Salvini (foto Depositphotos)
La campagna elettorale, evidentemente, non è ancora terminata, in quel di Bologna e, di conseguenza, i toni degli esponenti politici sembrano non aver cambiato suono, rispetto a due settimane fa. Michele De Pascale, neo-presidente della Regione Emilia Romagna, torna sulla vicenda del corteo anti-violenza organizzato dalla Rete dei patrioti, nove giorni prima del voto, parlando come di una ferita aperta, dal momento che la manifestazione delle formazioni della Destra radicale avrebbe in qualche modo "violato" la "sacralità della stazione di Bologna", teatro della strage del 2 agosto 1980 attribuita dai magistrati ai Nar. De Pascale ha anche aggiunto di essere "uno di quelli che pensano che le organizzazioni neofasciste non dovrebbero esistere", ammettendo, però, come "nessuno, non solo il Governo Meloni", avrebbe "mai affrontato questa cosa con la risolutezza che sarebbe necessaria". Le repliche al nuovo governatore, a stretto giro di posta, arrivano da più parti. Per primo, risponde Giovanni Preziosa, portavoce cittadino del movimento Indipendenza!: "De Pascale, evidentemente, o non conosce Bologna o non sa di aver già vinto le elezioni e, quindi, di dover dismettere gli slogan da agit-prop, per iniziare a preoccuparsi delle gravi emergenze del nostro territorio". "E' incredibile - ha aggiunto l'ex-vicequestore della Polizia di Stato - che il Pd insista su una narrazione dei fatti che è funzionale solo a coprire quanto è stato stigmatizzato da tutti i sindacati delle forze dell'ordine e con praticamente le stesse parole. E cioè, i rapporti equivoci, se non di complicità, tra l'amministrazione comunale del Partito democratico e i criminali dei centri sociali". "Senza contare come s'insista sulla falsificazione dei fatti - conclude Preziosa -, visto che la manifestazione in oggetto si è svolta e conclusa in luoghi da cui la stazione centrale nemmeno si vede". Affondo ancor più pesante, poi, quello di Matteo Salvini, il quale, appunto, ponendo l'accento sulle violenze che furono consumate solo ed esclusivamente dai militanti dei così detti centri sociali, è tornato a invocarne la chiusura. Questa netta presa di posizione del leader della Lega ha scatenato una curiosa e scomposta reazione dell'ex-capo della Sinistra emiliana e nazionale, Pierluigi Bersani: "Aiuterebbe molto se Salvini chiudesse la bocca e si occupasse di come vanno i treni". Bersani, però, si è spinto ben oltre e in maniera contraddittoria: da una parte, ribadendo che si sarebbe dovuta impedire la manifestazione, legittima e pacifica, delle organizzazione legali della Destra radicale; dall'altra, difendendo i luoghi in cui si ritrovano e si organizzano coloro che devastano le città e attaccano la Polizia: "Non chiudiamo i centri sociali, ma andiamo a prendere se c'è qualcuno che fa violenza. Si fa così in una democrazia". Insomma, un singolare doppiopesismo, in base al quale andrebbero perseguiti e sciolti movimenti in base alle mere opinioni che vengono a essi attribuite dagli avversari politici, ma tutelati e protetti i covi dove si premeditano e si preparano azioni delinquenziali. Per di più, il tutto a due soli giorni di distanza dalla clamorosa denuncia di alcune ragazze, da cui emergerebbe come in alcuni di questi luoghi, oltre che a coltivare e porre in essere odiose azioni di violenza politica, si sarebbero commettessi anche abusi sessuali e veri e propri stupri ai danni di alcune frequentatrici degli stessi, nell'omertà degli uomini che animano queste tristi realtà del tessuto sociale bolognese.
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