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Lepore inaugura Palazzo Pepoli, riabilita Grandi e aspetta Morandi

Perché non si vogliono riportare a Palazzo d'Accursio le opere del grande pittore?

Lepore inaugura Palazzo Pepoli, riabilita Grandi e aspetta Morandi

Giorgio Morandi

Il sindaco di Bologna ha inaugurato il nuovo Museo della Città. O meglio, lo ha riaperto. La prestigiosa sede espositiva, infatti, per ora è esattamente identica a come era stata allestita prima, nell'ambito del grandioso - e forse un po' pretenzioso - progetto partorito dalla mente di Fabio Alberto Roversi Monaco, quando questi era presidente della Fondazione della Cassa di Risparmio di Bologna. Quel che è successo, negli ultimi anni, è cosa nota. I lasciti dell'ex-rettore dell'Alma mater, causando una sorta di orticaria al nuovo uomo forte della Fondazione, Gianfranco Ragonesi, sono stati avviati alla dismissione, a partire proprio da quel polo museale che era un po' la cifra distintiva della presenza della Fondazione stessa, in città. Dunque, mentre quattro delle cinque sedi, con apposito bando, sono state affidate a una società esterna - Opera laboratori -, quella di Palazzo Pepoli, in comodato gratuito, per 12 anni, è stata consegnata al Comune di Bologna. Inizialmente, Matteo Lepore avrebbe voluto ricevere il dono senza alcuna suppellettile al suo interno, accaparrarsi solo le sale vuote, al fine di realizzare lì un antico sogno di una parte della intellettualità radical-chic della città: un nuovo museo dedicato a Giorgio Morandi. Sì, installare in via Castiglione quella piccola collezione di opere del maestro di via Fondazza, un tempo conservate ed esposte a Palazzo d'Accursio e ora al centro di una lunga contesa giudiziaria. L'orologio della Giustizia, però, non è sintonizzato con quello della giunta comunale e, quindi, almeno per adesso, il sindaco si è dovuto risolvere a far passare per inaugurazione una ben più banale nuova gestione di una vecchia istituzione culturale, in attesa dell'esito della battaglia contro Elisabetta Brunelli, ex-consigliere comunale della lista civica di Giorgio Guazzaloca e promotrice del comitato che pretende dal Comune il rispetto dei vincoli del lascito testamentario di Maria Teresa Morandi. Come è noto da decenni, infatti, buona parte delle opere del grande pittore di nature morte furono donate da sua sorella all'amministrazione cittadina, a patto che fossero riunite, insieme a quelle già di proprietà del Comune, in un unica sede espositiva interna a Palazzo d'Accursio. Contesa giudiziaria che attende il verdetto di secondo grado, ma che, quale che sia la decisione dei giudici, approderà sicuramente in Cassazione, per volontà del soccombente, quale che sia dei due. Dunque, la vera notizia non è la bizzarra inaugurazione di un qualcosa che già esiste da anni e nemmeno che il Museo della Città, riapra i battenti, avendo semplicemente cambiato il datore di lavoro a bigliettai e custodi. La novità assoluta è la riabilitazione ufficiale di Roberto Grandi, al quale il sindaco ha annunciato di aver affidato la gestione dello spazio in attesa di poterci collocare le opere di Morandi. L'ex-assessore di Walter Vitali, infatti, era stato esiliato dalla scena pubblica dal lontano 27 febbraio 2020, quando, alla guida della sua auto, sciaguratamente travolse e uccise un ciclista dal nome pesantissimo: Matteo Prodi, figlio del figlio dell'ex-presidente della Provincia, Vittorio, e nipote anche dell'ex-premier, Romano. Grandi, al di là degli strascichi giudiziari, dovette ritirarsi dalle ultime elezioni comunali - dove avrebbe dovuto capeggiare proprio la lista dei sostenitori personali di Lepore - e accettare una sorta di quarantena politico-amministrativa che, a quanto se ne desume, è ora terminata. Ed è proprio Grandi il grande fautore dello spostamento del Museo Morandi da Palazzo d'Accursio ad altra sede. Per la verità, dal Comune, le opere di Morandi sono assenti da un pezzo. Da quando, col pretesto di alcune lesioni che il palazzo avrebbe avuto a causa del terremoto, nell'ormai lontanissimo 2012, furono spostate al Mambo, in via don Minzoni. Ma il sindaco ha già fatto sapere come, al più tardi nel 2026, la collezione dei Morandi sarà spostata a Palazzo Pepoli o, tutt'al più, in via Azzo Gardino, nella Palazzina Magnani, acquisita all'uopo dalla giunta comunale. Quel che nessuno capisce, in questa guerra di musei tra poteri più o meno forti della città - Ragonesi contro Roversi, Lepore e Grandi contro la Brunelli e il comitato per il rispetto dei lasciti di Maria Teresa Morandi - è quale sia il reale obbiettivo perseguito dall'amministrazione pubblica. In fondo, se si tratta di trovare una location attrattiva per i turisti e per gli amanti dell'arte contemporanea, quale luogo potrebbe apparire più magnificente e centrale del palazzo comunale in piazza Maggiore? Tenuto conto che il secondo piano di Palazzo d'Accursio, anche senza più le opere di Morandi, è pur sempre già la sede delle Collezioni comunali d'arte, cioè, un museo di opere pittoriche. Dunque, perché mai quelle dell'artista amante di Grizzana non troverebbero più albergo adatto e all'altezza, nel cuore della città? La sensazione è che, in realtà, lo scopo perseguito da chi vuole trasferire in una sede autonoma le opere di Morandi, sia quello di utilizzare l'universale apprezzamento per questo artista come specchietto per le allodole; cioè, di creare uno spazio espositivo che, attraendo visitatori da tutta Italia e dall'estero, possa mettere in mostra anche opere di altri autori, a vantaggio di chi - promuovendo questi altri artisti - potrebbe trarne un vantaggio, diretto o indiretto, agendo nel mercato dell'arte moderna e contemporanea. Palazzo Pepoli, tra le altre, offrirebbe anche questa opportunità, così come la Palazzina Magnani, ma non certo il Comune. Senza contare che, spostando dal MamBo le opere di Morandi, senza riportarle in Comune, creando un Museo Internazionale Giorgio Morandi - questa sarebbe la denominazione pensata da Lepore e Grandi -, si creerebbe anche una nuova, autorevole posizione di potere culturale, con la nomina del nuovo direttore della nuova prestigiosa istituzione. E se la volontà di chi ha donato i quadri di Morandi era orientata diversamente, con la sola preoccupazione che il pubblico potesse ammirarli... ...Peccato! Tanto gli eredi son già passati a miglior vita e, adesso, anche certi viventi vorrebbero far progredire la loro.

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