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A BOLOGNA L'ANTEPRIMA

Delitto Mattarella, raffazzonato revisionismo

Il docufilm di Giorgia Furlan avulso dal reale contesto storico-politico

Delitto Mattarella, raffazzonato revisionismo

Piersanti Mattarella e Aldo Moro

Oggi, al cinema Modernissimo di Bologna, sarà proiettato in anteprima Magma, il docufilm diretto da Giorgia Furlan sull'omicidio di Piersanti Mattarella. La scelta di affiancare alla regista l'avvocato Andrea Speranzoni, vicinissimo al Partito democratico e legale di fiducia dell'Associazione fra i familiari delle vittime della Strage di Bologna, tradisce fin troppo smaccatamente l'intento della pellicola e dell'operazione mediatica che vi è stata costruita intorno: dare forza a una tesi - quella di un coinvolgimento dell'eversione di destra nei delitti eccellenti di mafia degli anni '80 - già più volte smentita dai processi e dalle inchieste, passate e in atto.

In particolare, coloro che hannno realizzato e promosso Magma intendono affermare come, con l'assassinio del fratello dell'attuale capo dello Stato, considerato all'epoca uno dei politici emergenti della corrente di Aldo Moro, si sarebbe spezzato il filo rosso della Solidarietà nazionale, impedendo con la violenza terrorista quella collaborazione tra Dc e Pci che avrebbe accelerato il progresso e la modernizzazione del Paese.

L'ipotesi può apparire suggestiva, a patto, però, di non conoscere o di non ricordare nulla della storia d'Italia degli anni 1979-1980. 

L'assassinio di Piersanti Mattarella, infatti, fu preceduto, nel semestre precedente, dalle elezioni politiche e, conseguentemente, dalla mancata formazione del nuovo governo di Giulio Andreotti, dal fallimento del tentativo di Filippo Maria Pandolfi, dalla nascita del governo di Francesco Cossiga, poi affossato, di fatto, da Flaminio Piccoli e Bettino Craxi.

In quel semestre, i fautori dell'alleanza tra democristiani e comunisti - appunto Cossiga, insieme ad Andreotti e a Benigno Zaccagnini, allora segretario del biancofiore - furono messi in minoranza dall'iniziativa intrapresa da Carlo Donat Cattin che, con la così detta Politica del preambolo, mise fine all'esperienza consociativa guidata da Andreotti tra il 1976 e il 1979. D'altro canto, il disegno di Moro, evitare le elezioni nel 1978, coinvolgere Enrico Berlinguer nella politica del governo per sfiancarne la galoppata elettorale iniziata a metà degli anni '70, aveva raggiunto il suo scopo: alle consultazioni politiche del 3 e 4 giugno del 1979, il Partito comunista arretrò di ben 4 punti percentuali, restituendo alla Dc il ruolo di partito di maggioranza relativa; per altro, registrando proprio in Sicilia una delle battute d'arresto più pesanti, con una flessione del 6 per cento.

La reazione del Pci, dunque, fu quella di tornare all'opposizione, giocando di sponda col Psi, col quale strinse un accordo (20 settembre 1979) finalizzato a costringere la nuova dirigenza democristiana a rimuovere le pregiudiziali nei confronti del Partito Comunista, per rinnovare su basi sicure la politica di solidarietà nazionale. Però, proprio nei giorni del Natale, la Russia di Leonid Breznev invase l'Afghanistan e Berlinguer - contrariamente a quanto ci si sarebbe aspettato, dopo le prese di distanza dall'Unione sovietica, per altro timidissime, degli anni appena precedenti - schierò il suo partito a sostegno dei sovietici. Questo fatto determinò un cambiamento anche nella politica del Psi che, da quel momento, si liberò dall'abbraccio di Berlinguer, iniziando la strada che avrebbe portato proprio Craxi alla guida del Paese.

E se è vero che Piersanti Mattarella fu ucciso il 6 gennaio 1980, cioè, due mesi prima del congresso democristiano e tre mesi esatti prima dell'elezione alla segreteria di Piccoli, le sorti della Sinistra morotea e degli andreottiani, quando la Mafia decise di assassinarlo, erano già segnate incontrovertibilmente. A cambiare, appunto, fu l'atteggiamento del leader socialista che, dopo aver messo all'angolo il fautore storico dell'alleanza col Pci, Riccardo Lombardi, e avendo recuperato direttamente nella sua orbita Gianni De Michelis e Claudio Signorile, tra la metà e la fine di marzo fece cadere il primo governo Cossiga, ritirando l'astensione alla Camera e al Senato garantita fino a quel momento, prima; poi, regista Sandro Pertini, permise la nascita del Cossiga II, del quale, in spregio agli accordi di settembre con Berlinguer, il Psi entrò a far parte con nove ministri e un sottosegretario alla presidenza del Consiglio. Da quel momento, per il Pci, l'opposizione sarebbe diventato un'ineluttabile destino fino alla trasformazione in Pds e Ds e sigle successive.

Insomma, si possono fare tutti i documentari belli e suggestivi che si vogliono, ma così come i tribunali hanno ripetutamente smentito la partecipazione di terroristi di qualsivoglia colore all'assassinio di Piersanti Mattarella, la Storia ci ricorda che non fu la Mafia ad abbattere la politica della Solidarietà nazionale. A far tramontare quella stagione della politica italiana, vagheggiata da Moro e messa in pratica da Andreotti, in primo luogo, furono gli elettori, che abbandonarono il Pci; in secondo luogo, lo scellerato sostegno di Berlinguer all'Urss che aveva invaso l'Afghanistan; infine, all'astuzia di Craxi che, colta la portata della nuova politica democristiana, ne approfittò per ritagliare per se stesso e per il suo partito quel ruolo di protagonista principale della politica italiana che, poi, rivestirà per tutti gli anni '80.

Semmai, la Mafia, o meglio, la Camorra, contribuì indirettamente alla rinascita della Sinistra democristiana che, egemone proprio in Campania, dove regnava incontrastato Ciriaco De Mita, con la gestione a dir poco allegra delle migliaia e migliaia di miliardi della ricostruzione stanziati dopo il terrificante terremoto dell'Irpinia, fine novembre 1980, si irrobustirà a tal punto da riconquistare, nel 1982, grazie all'alleanza col sempre pronto Andreotti, la guida della Democrazia cristiana.

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