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EDITORIALE
01 Febbraio 2025 - 13:40
A parti invertite, proprio il Pd, le altre formazioni della Sinistra e buona parte della stampa, lancerebbero l'allarme che tanto va di moda: Siamo in emergenza democratica! Cioè, in una situazione in cui i diritti di espressione e a libertà di pensiero, seppur ancora non in modo palese e tale da indurre la magistratura a muoversi, vengono surrettiziamente conculcati da chi tiene in mano le redini del potere.
Di cosa si parla? Nei giorni scorsi, una misteriosa sigla - che sembra indicare un gruppo di estrema destra, di cui nessuno, però, sa nulla - annuncia di voler fare una manifestazione a Bologna, partendo da un luogo prossimo alla stazione centrale. Questa organizzazione, per ora fantomatica - Movimento rivoluzione nazionale -, in realtà, non sembra aver preso contatti con la Questura e, di conseguenza, non si capisce cosa mai intenderebbe fare, il prossimo 15 febbraio. Certamente, senza una preventiva autorizzazione da parte delle forze dell'ordine, nulla più di un volantinaggio o, al massimo, qualcosa di simile a quello che si definisce oggi un flash-mob.
Nell'uno o nell'altro caso, si tratta delle uniche iniziative che non prevedono l'obbligo di comunicazione alla Questura. Di contro, se l'Mrp dovesse presentare una regolare richiesta per un comizio o per un corteo, potrebbero svolgere legittimamente anche un comizio o sviluppare un corteo, dopo il consueto confronto con le autorità di pubblica sicurezza e avendo ottenuto il via libera.
Matteo Lepore, probabilmente a questi passaggi si riferisce, quando, rispondendo a un giornalista, afferma:"Stiamo seguendo con la Questura e la Prefettura. Vedremo di che cosa si tratta". Ed è legittimo, anzi: dovuto, che un sindaco si informi, anche preventivamente, su quanto accade e può accadere nella sua città. Anche il successivo commento di natura politica, tutto sommato, è comprensibile e accettabile, tenuto conto che si tratta pur sempre anche di un esponente di partito: "Mi sembra cerchino molta visibilità, per ora. Credo non dobbiamo dargliela e dobbiamo tenere alta la guardia, perché ormai le manifestazioni fasciste e neonaziste nel nostro paese si moltiplicano. E questo non è un buon segno".
In buona sostanza, nulla da eccepire, se il sindaco dichiara di avere attenzione e premure per tutto ciò che accade nel suo territorio e se Lepore, espressione più alta del Partito democratico a Bologna, esprime contrarietà e preoccupazione politica per il moltiplicarsi di attività che lui reputa distanti anni luce da quelle che sono le sue posizioni ideologiche. Anche - perché il gioco della politica prevede l'innalzamento dei toni, addirittura fino alla mostrificazione degli avversari. Non è elegante, ma fa parte delle regole - additando alcune di queste formazioni come entità nazifasciste.
Quel che stona, invece, sollevando molti dubbi sul modo di ragionare del sindaco - o tradendone, appunto, la vena profondamente illiberale e goffamente dittatoriale -, è la spiegazione che Lepore stesso dà del suo modo di ragionare: Se guardiamo la mappa del nostro paese, Bologna è un'area che ha un orientamento politico particolare. Evidentemente, qualcuno pensa che, se non si riesce a farlo dal punto di vista democratico, si possa cambiare con queste manifestazioni. Ma sono convinto che si scoraggeranno presto, come è sempre successo".
Apriti, cielo! A quale mappa si riferisce, il sindaco? Forse a quella storica, ma risulterebbe alquanto controversa, dal momento che le Due Torri, nei secoli e nei decenni passati, si è sempre distinta per essere campione di una posizione politica, salvo, poi, mettersi in prima fila nell'opposta barricata: guelfa, additando Ferrara, poi, alleata ai ghibellini contro gli Este; seconda capitale dello Stato della Chiesa, poi, città più massona del Paese; X Legio delle camice nere di Benito Mussolini, poi, città con la più forte federazione comunista, nella Prima repubblica e via dicendo. Se la mappa è quella elettorale, Bologna, ormai, non si distingue più in nulla dal resto d'Italia: è un luogo dove un cittadino su due non fa più a votare, non crede alla politica e non partecipa più, se non appunto in maniera quasi minoritaria, nemmeno alla selezione dei suoi amministratori. Lo stesso Lepore, elettoralmente parlando, è il sindaco giusto di un terzo degli aventi diritto al voto.
C'è di peggio, però, in quella frase. Cosa ci sarebbe mai, di contrario "al punto di vista democratico", nel fare un volantinaggio, nello sfilare in corteo, oppure partecipando a un comizio, ammesso che questo sedicente Mrp intenda fare, il prossimo 15 febbraio, voglia svolgere una di queste manifestazioni? Non sono - tutte queste azioni - esattamente le modalità legittime di manifestazione e promozione del pensiero politico?
Certo che sono legittime, svolte dallo Mrp come da qualsiasi altro movimento, queste attività. E allora? Il problema è forse nel contenuto? Pare proprio di sì e, quindi, bisogna tornare all'abitudine di Lepore di etichettare le manifestazioni che non gradisce come nazifasciste. Fintanto che questo modo di ragionare appartiene a Lepore in quanto persona e in quanto esponente politico, è legittimo, per quanto altri possano giudicarlo strumentale e, a volte, anche grottesco. Non lo sarebbe più, però, legittimo, se questo modo d'intendere le cose , valutare, ragionare le cose, agendo di conseguenza, appartenesse al sindaco.
Infatti, le manifestazioni naziste e fasciste, in Italia, sono proibite, ma il potere di dichiarare tali delle manifestazioni - a livello giuridico e giudiziario -, quindi, di punirle o proibirle, spetta solo ed esclusivamente alla magistratura, a eventi accaduto, e al Ministero dell'Interno, in via preventiva (salvo, poi, venir confermato nelle sue risoluzione sempre dalla magistratura). I sindaci, da questo punto di vista, non hanno e non devono avere alcun potere.
Altrimenti, sarebbe fin troppo facile, per chi siede nello scranno più alto di Palazzo d'Accursio - o di qualsiasi altro comune - restarvici inchiodato per l'eternità: basterebbe denunciare per fascista tutti gli avversari politici, impedendo loro, così, di manifestare e organizzare consenso intorno a politiche alternative o contrarie a quelle dell'amministrazione. E' sufficiente, come già del resto accade, trasformare lo slogan, falso e strumentale: Fascista è chi il fascista fa, coniato, pare, da Michela Murgia; in un ancor più comodo: Fascista è chi fascista dico io che sia. Ma - se ne faccia una ragione Lepore - la democrazia è regolata dalle leggi, non dalle ossessioni di questo o quel sindaco o dalle pretese di questo o quel partito.
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