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Porta Saragozza: non è un'installazione, ma miseria vera

Il triste caso di un "clochard" costretto a vivere nel cassero

Porta Saragozza: non è un'installazione, ma miseria vera

Il rischio di fare una brutta figura è grande. Infatti, sotto alcune delle porte di Bologna, in questi giorni, sono collocate installazioni artistiche, nella cornice della rassegna ArtCity. Per tanto, come nell'episodio Le vacanze intelligenti (diretto da Alberto Sordi, nella film Dove vai in vacanza, 1978), passando per Porta Saragozza, il turista o anche il bolognese distratto potrebbe pensare di trovarsi di fronte a un'opera, a una scultura composita, a un'espressione di denuncia sociale.

Di contro, quello che si vede anche nella foto, è il simbolo di un degrado che, giorno dopo giorno, a macchia d'olio, si spande per tutta la città e si manifesta in una molteplicità di forme, senza che chi è preposto e al decoro della città e alla soluzione delle emergenze sociali, faccia il suo dovere

Il "clochard" che ha colonizzato il Cassero di Porta Saragozza, stipandolo delle sue poche, ultime masserizie, certamente non disturba la retrostante e venerata immagine della Madonna, quella che viene omaggiata all'inizio e alla fine della processione di maggio. No, certamente la Vergine Maria avrà soddisfazione e compiacimento, nel vedere di essere ancora una speranza e un luogo di rifugio per uno degli "ultimi" della "grassa Bologna". Un po' meno contenti, semmai, sono i tanti cittadini che, da settimane e settimane - inutilmente - hanno segnalato l'incresciosa situazione alle autorità comunali. Non tanto e non solo per restituire alla sua naturale vocazione il monumento - quello di essere ammirato per quello che è e che rappresenta -, ma anche perché si dia a questa persona, chiaramente sfortunata, una possibilità diversa, da quella di essere costretto a vivere in mezzo ai viali, sotto un voltone, preda dei rigori e della furia degli elementi.

Dov'è, infatti, la città tanto inclusiva - quella tanto attenta verso i presunti bisognosi che nessuno sa nemmeno se esistano e di cosa mancherebbero -, quando la povertà e la miseria, l'abbandono e la solitudine si palesano in modo così plastico, drammatico ed evidente?

Si deve pensare che anche l'assessore al Welfare abbia equivocato e scambiato questa immagine per il prodotto di chissà quale mente concettuale? Oppure, bisogna prendere atto che non bastano molteplici segnalazioni e tempi lunghissimi, per trovare un sistemazione, se non dignitosa, almeno emergenziale, per chi è costretto a ridurre la propria esistenza a drammatico spettacolo pubblico

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