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SALA BART
08 Febbraio 2025 - 19:08
Rosario Abisso
Data significativa, il 7 febbraio 2025, in cui è accaduta l'ennesima "ingiustizia", nel Campionato di Calcio di Serie A. Como-Juventus, finale di partita: ai lariani non viene concesso un rigore, quando il punteggio è fermo sull'1 a 1.
Qualcuno potrebbe obiettare, dicendo che non è accaduto nulla di nuovo, ma saremmo nell’era VAR e certe situazioni dovrebbero essere più difficili da giustificare o nascondere.
Il fatale minuto è l’81°, quando, con un lancio da dietro, il pallone arriva Douvikas, il quale si trova dentro l'area di rigore ed è in vantaggio sullo juventino Gatti che, con il braccio sinistro, cercando di frenare la corsa del giocatore comasco, tocca il pallone con la mano, spostandolo e mandandolo a sbattere contro la gamba dell’attaccante. Douvikas perde il controllo della sfera che, a quel punto, rotola ed esce dalla linea di fondo.
L’arbitro, in quell'istante, è coperto dalla posizione e dai corpi dei giocatori e non vede il fallo di mano, ma, nei diversi replay degli arbitri della sala Var, il tocco di Gatti è chiaramente visibile e, se possono esserci dei dubbi sull’intensità della trattenuta, rimane evidente che il "mani" di Gatti, oltre a sembrare volontario (il giocatore guarda il pallone), fa comunque cambiare direzione al pallone, togliendolo dalla disponibilità del giocatore comasco.
A questo punto la logica e il Regolamento del Giuoco del Calcio corredato delle Decisioni Ufficiali FIGC e della Guida Pratica Aia”, edizione settembre 2024, pagina 151, non avrebbero dovuto lasciare adito a dubbi. Lì vi si legge, infatti, che per decisioni soggettive - ad esempio intensità di un contrasto falloso, interferenza in un fuorigioco, appunto considerazioni su un fallo di mano - è appropriata una revisione sul campo e, quindi, Abisso avrebbe dovuto esser richiamato al monitor, per fargli prendere una decisione sul probabile del rigore, mentre, invece, di comunicargli che tutto si era svolto regolarmente e di proseguire.
Tutto ciò giustifica le dichiarazioni infuocate dell’allenatore del Como, Fabregas, secondo il quale "non c'è alcuna interpretazione, è un rigore nettissimo: Gatti la devia e toglie a Douvikas la palla della vittoria, Basta. Non do colpe all'arbitro di stasera, ci sta che non l'abbia visto, ma quando questa giocata va al VAR sì che mi vengono i dubbi".
Perché situazioni come questa, bisogno dirlo, fanno tornare in mente momenti passati, in cui le ingiustizie e gli aggiustamenti erano all’ordine del giorno, fino a quando Calciopoli sembrò rimettere le cose un po' a posto. Anzi, fanno immaginare che ci si trovi, alla fine della fiera, in un'epoca anche peggiore, tenendo conto dell'aiuto che il Var offre a coloro che devono dirigere e assicurare la regolarità delle partite. Perché sulle sviste o sulle interpretazioni istantanee ci si può certamente dividere, tra commentatori e tifosi, senza poter stabilire con sicurezza dove stia la ragione; ma su rallenty così precisi, numerosi ed evidenti, certe decisioni - che hanno o possono avere effetti fondamentali sull'esito di un Campionato e sul futuro delle squadre - sfuggono prepotentemente alla ragione. A qualsiasi ragione.
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