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TENNIS
17 Febbraio 2025 - 09:11
Il patteggiamento definito tra Jannik Sinner e la Wada (World Anti-Doping Agency) rischia, adesso, di essere una sconfitta per tutte le parti in causa. È opportuno chiarire come, accettare un patteggiamento, nello Sport come nel Diritto penale, non equivalga ad ammettere la propria colpevolezza e nemmeno quella del team.
La squalifica di tre mesi che dovrà affrontare il numero 1 al mondo del Tennis, chiude solo una parte del caso doping che lo ha visto coinvolto, a causa dei controlli antidoping a cui fu sottoposto nel mese di marzo 2024 e da cui risultò la positivività al Clostebol. Come si ricorderà, gli vennero trovati 86 picogrammi per millilitro equivalenti 0,086 nanogrammi per millilitro, nel primo caso, e 76 picogrammi per millilitro, equivalenti a 0,076 nanogrammi per millilitro: valori infinitesimali derivanti da contaminazione esterna, per altro, individuata e chiarita.
I dubbi sull’operato della Wada ci sono da tempo. Emblematica la vicenda che, nel 2021, coinvolse 23 nuotatori cinesi, scoperti positivi alla trimetazidina e assolti dalla loro federazione, la quale giustificò il tutto con una contaminazione alimentare causata dalla cucina di un hotel a Shijiazhuang. In quel caso, la Wada, accettò senza batter ciglio la motivazione presentata dalla federazione cinese, permettendo così agli atleti coinvolti di competere ai Giochi Olimpici di Tokyo, dove alcuni di loro vinsero anche delle medaglie.
Rimanendo nell’ambito del tennis il caso di Iga Świątek, attuale numero 2 delle classifiche mondiali, trovata positiva alla trimetazidina e non per contaminazione, come accaduto a Sinner, ma per aver ingerito delle pasticche di melatonina contenenti la sostanza incriminata. L’Itia (International Tennis Integrity Agency), l’agenzia che si occupa della gestione dell'antidoping nel tennis, ha squalificato la campionessa polacca per un mese, ritenendo la positività non intenzionale. La Wada, non obiettò questa decisione e non presentò alcun ricorso. Eppure, anche Sinner era stato assolto dall’Itia. Per chiarire ulteriormente la positività della Świątek alla trimetazidina e quella di Sinner al Clostebol, dev'essere sottolineato che, in tutti e due i casi, si parla di percentuali di sostanze dopanti che non apportano agli atleti nessun tipo di beneficio sportivo.
Molto diverso, semmai, è il caso conosciuto come “Operazione Puerto”, che coinvolgeva almeno 500 atleti, con più di 250 sacche di sangue tenute in frigorifero e sequestrate dalla Guardia civil, ma che furono riconsegnate - deteriorate - solo dopo dieci anni agli organi preposti, quando ormai era scattata la prescrizione. Anche in questo caso la Wada non ritenne di dover intervenire.
Per tanto, il dubbio è che, nel caso di Sinner, la Wada avrebbe potuto perdere il ricorso presentato, con la conseguenza di perdere ulteriore credibilità. Così come è chiaro che, per Sinner, il patteggiamento sia stata una scelta opportuna, dettata dalla consapevolezza del fatto che, davanti a un organo di giudizio, non sai mai come se ne possa uscire - e questo non solo in ambito sportivo -, anche quando si è certi di avere tutte le ragioni possibili. Però, c'è il rischio che questa vicenda getti un’ombra sulla carriera del campionissimo italiano, continuando a dare fiato ai suoi detrattori.
Semmai, proprio la vicenda di Sinner potrebbe indurre la Wada - e gli altri enti preposti all'antidoping - a depenalizzare quanto prima i casi di micro-dosaggio - cioè che non apportano all’atleta nessun tipo di beneficio sportivo - , limitando, in questo modo, le ingiustizie e le differenze di trattamento. Sarebbe anche un modo per restituire un po’ di credibilità a quegli stessi organi che, oggi, più che deputati a vigilare sull'onestà degli atleti, appaiono più preoccupati di dimostrare la propria, di correttezza.
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