Per la prima volta in Italia, i pagamenti digitali hanno superato quelli in contante. Un evento che va oltre la statistica: segna una trasformazione nel modo in cui concepiamo il denaro, il potere d'acquisto e la nostra autonomia economica. Ma siamo di fronte a un'inevitabile evoluzione o a un cambiamento guidato dall'alto, con conseguenze che ancora non comprendiamo del tutto?
Breve storia del denaro digitale: dalla carta di credito alle criptovalute L'idea di un sistema di pagamento senza contante non è nuova. Le prime carte di credito risalgono agli anni '50, quando Diners Club e American Express introdussero un metodo di pagamento riservato a una clientela d’élite. Negli anni ’70, la Visa e la MasterCard hanno reso questa tecnologia di massa, mentre l'avvento di internet ha dato vita a PayPal (1998), aprendo la strada ai pagamenti online. La vera accelerazione è arrivata con gli smartphone: Apple Pay, Google Pay e le app bancarie hanno reso i pagamenti digitali istantanei e universali. Oggi, con l’open banking e le criptovalute, il concetto di denaro è sempre più smaterializzato. Tuttavia, mentre Bitcoin e altre valute decentralizzate nascono con l'idea di restituire il controllo agli utenti, i sistemi digitali tradizionali rafforzano il potere delle banche e degli stati sulle transazioni. Vantaggi e rischi del digitale: efficienza o dipendenza? I sostenitori del digitale vedono in questa trasformazione solo vantaggi: • Velocità e praticità – I pagamenti digitali riducono i tempi di attesa e semplificano le transazioni. • Sicurezza – Meno contante in circolazione significa meno furti e rapine. • Tracciabilità – La lotta all’evasione fiscale e al riciclaggio diventa più efficace. Ma ogni medaglia ha il suo rovescio. Il digitale porta con sé rischi che spesso vengono sottovalutati: • Dipendenza dalle infrastrutture tecnologiche – Senza internet o con blackout elettrici, il denaro digitale diventa inutilizzabile. • Perdita di privacy – Ogni transazione viene registrata, tracciata e analizzata. • Costi nascosti – Banche e operatori finanziari impongono commissioni su ogni pagamento elettronico. Come osservava il filosofo Byung-Chul Han: "La digitalizzazione dell’economia non è solo un processo di modernizzazione, ma anche di controllo". Il contante come simbolo di autonomia: perché alcuni paesi lo difendono Nei paesi nordici, dove la digitalizzazione è molto avanzata, il contante è ormai residuale, ma non è stato abolito. La Svezia, che inizialmente voleva eliminarlo, ha dovuto rallentare il processo dopo che il pubblico ha espresso timori su cosa significhi vivere in una società completamente cashless. In Germania e in Giappone, il contante è ancora largamente utilizzato. I tedeschi vedono nel denaro fisico una garanzia di libertà e riservatezza, mentre i giapponesi lo associano alla solidità economica e alla fiducia reciproca. Il contante rappresenta dunque più di un semplice strumento di pagamento: è un simbolo di autodeterminazione economica. Il ruolo delle banche e il peso dei costi nascosti Dietro il trionfo del digitale ci sono le banche, le vere protagoniste di questa rivoluzione. Ogni transazione elettronica passa attraverso i loro circuiti, generando commissioni e costi di gestione. Per i consumatori, spesso i costi sono invisibili perché integrati nei prezzi, ma per gli esercenti le commissioni POS possono arrivare al 2-3% per ogni transazione. Questo spiega perché molti piccoli negozianti continuano a preferire il contante. Inoltre, il denaro digitale impone una dipendenza dalle istituzioni finanziarie. In caso di crisi bancaria o restrizioni governative, i cittadini potrebbero vedersi limitati nell’accesso ai propri fondi. L’esempio del Canada, dove nel 2022 il governo ha congelato i conti di alcuni manifestanti, ha sollevato interrogativi sulla libertà finanziaria in un mondo senza contante. Come ha dichiarato Willem Buiter, ex capo economista di Citigroup: "L'eliminazione del contante conferisce ai governi un controllo senza precedenti sul comportamento finanziario dei cittadini". Opinioni a confronto: chi vuole la fine del contante e chi lo difende Il dibattito sulla fine del contante vede schierati due fronti opposti. A favore del digitale: • Christine Lagarde (BCE): "Una società senza contante è più sicura, efficiente e giusta." • Bill Gates: "I pagamenti digitali sono una leva per l'inclusione finanziaria nei paesi in via di sviluppo." A difesa del contante: • Giorgio Gobbi (Banca d'Italia): "Il contante resta un bene pubblico, un'opzione necessaria per la libertà economica." • Jens Weidmann (ex Bundesbank): "Eliminare il contante significherebbe dare un potere eccessivo a governi e banche centrali." Il futuro: fine del contante o resistenza di nicchia? La domanda cruciale è: il contante scomparirà davvero? Probabilmente no, ma il suo ruolo cambierà. Diventerà un mezzo di pagamento di nicchia, usato solo in circostanze particolari o da chi vuole restare fuori dai radar digitali. Potrebbero emergere nuove forme di "contante digitale", come le Central Bank Digital Currencies (CBDC), monete elettroniche emesse direttamente dalle banche centrali. Ma anche queste sarebbero tracciabili e controllabili, senza garantire la stessa autonomia del contante fisico. Alla fine, la direzione che prenderemo dipenderà da un equilibrio tra convenienza, sicurezza e libertà. Il digitale è comodo, ma il contante resta un argine contro il rischio di un controllo finanziario assoluto. Conclusione: progresso o illusione di progresso? Non si tratta di essere nostalgici del portafoglio pieno di banconote, ma di essere consapevoli delle implicazioni della transizione al digitale. La scomparsa del contante non è solo una questione tecnologica, ma una scelta di modello sociale. Come scriveva George Orwell: "Il modo più efficace per distruggere la libertà di un popolo è cancellarne la memoria economica". Il vero interrogativo è: vogliamo davvero un futuro senza contante o siamo solo trascinati da un progresso che non abbiamo scelto?
BolognaCronaca.it | Direttore responsabile: Andrea Monticone Vicedirettore: Marco BardesonoCapo servizio cronaca: Claudio Neve Editore: Editoriale Argo s.r.l. Via Principe Tommaso 30 – 10125 Torino | C.F.08313560016 | P.IVA.08313560016. Redazione Torino: via Principe Tommaso, 30 – 10125 Torino |Tel. 011.6669, Email redazione@cronacaqui.it. Fax. 0116669232 ISSN 2611-2272 Consiglio di amministrazione: Presidente Massimo Massano | Consigliere, Direttore emerito e resp. trattamento dati e sicurezza: Beppe Fossati Email redazione@cronacabologna.it. Fax. 0116669232 |ISSN 2611-2272 Registrazione tribunale n° 1877 del 14.03.1950 Tribunale di Milano Nell'anno 2023 sono stati percepiti i contributi di cui al decreto legislativo 15 maggio 2017, n. 70. Indicazione resa ai sensi della lettera f) del comma 2 dell'articolo 5 del medesimo decreto legislativo.