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Ravenna: il marito uccide la moglie malata di Alzheimer

L'assessora Moschini: «Il gesto non va giustificato, non ha chiesto lei di morire»

Ravenna: il marito uccide la moglie malata di Alzheimer

Ravenna: il marito uccide la moglie malata di Alzheimer

Enzo Giardi, ex bancario in pensione di 78 anni, ha ucciso la moglie Piera Ebe Bertini, 77 anni, malata di Alzheimer da una decina d'anni. Il dramma si è consumato ieri, lunedì 9 settembre, tra le 13 e le 13.30, in un’abitazione di via Lolli, una traversa di via Ravegnana, a Ravenna. Giardi ha immerso la moglie nella vasca da bagno, annegandola, per poi chiamare il 112 e confessare il suo gesto. Ora l'uomo è in carcere.

L'episodio è stato definito tecnicamente un femminicidio, anche se in questo caso il gesto non sembra essere frutto di odio o di una forma malata di possesso. Piuttosto, appare come la conseguenza della disperazione di un uomo che non ha retto la grave malattia della moglie. Tuttavia, questo non sminuisce la gravità del gesto. Enzo Giardi, che ha sempre accudito la moglie durante la sua lunga malattia, ha compiuto questo atto estremo proprio il giorno in cui Piera Ebe Bertini doveva essere accolta in una struttura specializzata. Pare che l'uomo fosse convinto che nessuno avrebbe potuto accudirla come stava facendo lui.



L'assessora alle politiche di genere, Federica Moschini, ha espresso il suo sdegno per l'accaduto: «Apprendo ora dell’ennesimo femminicidio a Ravenna ed esprimo le mie condoglianze alla famiglia della vittima. Ma faccio questa considerazione: come si può scrivere "non si conoscono ancora i motivi del gesto. Non si esclude possano essere legati alle condizioni di salute della donna, da tempo malata". Come se i motivi di salute o l’età della vittima potessero giustificare un gesto simile, un femminicidio. E sono anche stanca di leggere notizie riportate in questo modo, dove la vita, soprattutto quella di una donna anziana e magari malata, sembra valga meno di quella di un uomo stanco, poverino, di doverla assistere per anni… che deve essere giustificato e compreso. Queste donne sono vittime due volte: sono state uccise perché non soffrissero più. Una modalità paternalistica di vedere i fatti e di raccontarli che assolve l’uccisore. Nessuna di queste donne ha chiesto di morire, nessuna ha lasciato un biglietto di addio. E queste uccisioni finiscono per essere trattate con compassione. Basta!»


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