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La Vicenda della Carabiniera umiliata: un atto di bullismo in caserma

Chiesto il rinvio a giudizio per un ufficiale accusato di ingiuria aggravata

Un episodio che ha scosso l'Arma dei Carabinieri e che ora si avvia verso un possibile processo. È il caso di una giovane carabiniera di 21 anni, umiliata da un ufficiale che, in un gesto di prevaricazione, le ha scritto con una penna sul volto la "firma" dell'ordine di servizio. Un atto che ha portato la procura militare di Verona a chiedere il rinvio a giudizio per l'ufficiale, con l'udienza fissata per l'11 febbraio.

UN GESTO INASPETTATO E UMILIANTE
L'episodio risale al 14 maggio scorso, in una compagnia situata nel modenese. La giovane carabiniera, in ferma volontaria in Appennino, si è trovata al centro di un atto di bullismo da parte di un capitano di 33 anni, con esperienza di servizio in Campania e Sicilia. Invece di apporre il consueto visto su un modulo, l'ufficiale ha scelto di scrivere sulla fronte della carabiniera: "visto. il capitano". Un gesto che ha lasciato la giovane senza parole, avvenuto davanti ad altri militari durante il cambio di turno.

LA REAZIONE E LE CONSEGUENZE
Nonostante la sproporzione gerarchica, la carabiniera e un giovane collega hanno deciso di non restare in silenzio. Per documentare l'accaduto, la giovane ha chiesto al collega di scattarle una foto, che è poi circolata in una chat interna. I due militari hanno quindi riferito l'episodio al loro diretto superiore, un maresciallo, che ha informato la linea gerarchica fino al comandante provinciale di Modena. La reazione dell'Arma è stata immediata: il capitano è stato "invitato" a consegnare pistola e tesserino e messo a riposo per due settimane, una misura tipica in ambito militare. Inoltre, è stata avviata un'indagine interna e l'ufficiale è stato trasferito. La procura militare ha infine chiuso le indagini, chiedendo il rinvio a giudizio per ingiuria aggravata a inferiore, secondo l'articolo 196 del codice penale militare di pace.

UN CASO CHE SOLLEVA INTERROGATIVI
Questo caso solleva interrogativi importanti sul clima all'interno delle caserme e sulla gestione delle dinamiche gerarchiche. Come è possibile che un gesto così umiliante possa avvenire in un contesto che dovrebbe essere di rispetto e disciplina? E quali sono le tutele per i militari più giovani e meno esperti, spesso soggetti a prevaricazioni da parte dei superiori? La vicenda della giovane carabiniera è un esempio di come, nonostante le difficoltà, sia possibile reagire e far valere i propri diritti. La decisione di non restare in silenzio e di portare alla luce l'accaduto è un segnale importante per tutti coloro che si trovano in situazioni simili.

VERSO IL PROCESSO
Con l'udienza fissata per l'11 febbraio, l'ufficiale dovrà ora rispondere delle accuse di ingiuria aggravata. Un processo che potrebbe rappresentare un precedente significativo per l'Arma dei Carabinieri e per le forze armate in generale, in termini di gestione delle relazioni interne e di tutela dei diritti dei militari. La speranza è che episodi come questo possano diventare sempre più rari e che le caserme possano essere luoghi di rispetto reciproco e di crescita professionale, lontani da dinamiche di prevaricazione e bullismo.

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