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CINEMA
19 Febbraio 2025 - 15:00
Pupi Avati
Pupi Avati, gloria vivente del cinema bolognese, propone, per affrontare i problemi del settore, l'istituzione di un Ministero ad hoc, scorporando la settima arte dall'omnicomprensivo Ministero della Cultura.
L'idea è piaciuta subito ad Antonio Tajani, ministro degli Esteri e leader di FI: "E' una proposta interessante per valorizzare i contenuti culturali, audiovisivi e multimediali che da sempre danno lustro all'Italia ed aiutano a promuovere i nostri prodotti. cinema, un settore chiave del made in Italy. Valuteremo questa iniziativa con gli alleati di governo". Questo gradimento, però, è stato immediatamente interpretato dagli esponenti del Movimento 5 Stelle come una chiara espressione di sfiducia verso il titolare del dicastero culturale e verso la sottosegretaria che ha in mano le specifiche deleghe: "Tajani vuole un ministero per il cinema? Forse ha finalmente capito che, con la delega gestita disastrosamente da Lucia Borgonzoni e con il silenzio di Alessandro Giuli, il settore è al collasso. Il fallimento del Tax credit sta mettendo in ginocchio le produzioni, ma invece di risolvere il disastro preferiscono negarlo e dedicarsi ad altro, come affidare poltrone ad amici e parenti. Giuli è un ministro commissariato e questo lo sapevamo, ma da qui a farsi umiliare cosìdal partito di Mediaset, che ha enormi interessi nel cinema, ce ne passa".
Ai parlamentari di Giuseppe Conte, si accodano immediatamente quelli del Partito democratico che, per voce di Irene Manzi, pur non evocando il presunto conflitto d'interessi evocato dai colleghi ex-grillini, denunciano: "Dopo il commissariamento di fatto da parte del suo partito, che gli impone ogni singola mossa nel ministero, e della Lega, che con Giorgetti usa il bilancio del Mic a proprio piacimento, arriva ora anche il commissariamento da parte del terzo partito di maggioranza. Tajani, riconoscendo il fallimento dell'azione finora messa in campo per l'industria cinematografica e audiovisiva, sembra voler sottrarre il settore dalle competenze del Ministero della Cultura, sposando l'idea di Pupi Avati. La situazione è grave, il governo sta affossando un settore che rappresenta un'eccellenza italiana".
Insomma, l'intuizione del maestro, più che a stimolare un'azione positiva, magari per lodare "I cavalieri che fecero l'impresa", ha scatenato una rissa e una corsa al rilancio che ricorda, semmai, alcune scene finali de "La partita di Natale", giocata, però, con un paio di mesi di ritardo.
Per altro, è proprio Lucia Borgonzoni a sottolineare come, pur apprezzando le parole del regista, l'ipotesi risulti meramente accademica, qualora s'intenda realmente impedire un declino del Cinema italiano: "Ringraziamo per lo spunto dato, ma il tema non può essere all'ordine del giorno. Stiamo lavorando con il Ministero dell'Economia e delle Finanze per trovare ulteriori risorse, così da gestire la grande richiesta di tax credit, vista la forte attrattività del nostro Paese e il grande successo che sta vivendo il cinema italiano. Non ultimi, voglio ricordare titoli come "Diamanti", "Il ragazzo dai pantaloni rosa", "Parthenope". Distogliere fondi pubblici dal settore, che occupa oltre 100mila lavoratori, per duplicare un ministero sarebbe - oggi ancor più - un'operazione inutile e dannosa, non solo economicamente, ma anche in termini di tempo. Si rischierebbe di paralizzare la filiera per più di un anno".
Come dire: sospendiamo la polemica, riflettiamo nell'intervallo e, semmai, discutiamone in un secondo tempo.
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