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4 marzo 1943/NASCEVA LUCIO DALLA

L'ombra indelebile di un artista immortale

L'opera di Mario Martinelli che ricorda il cantante sul muro della sua casa-museo

L'ombra indelebile di un'artista immortale

Tra i monumenti più recenti installati a Bologna, è certamente - per usare le parole di Emanuela Agnoli, curatrice del progetto che si concretizzò 12 anni or sono - il più leggero, pensato come un'ombra che si staglia sulla parete, in cui diventa essenziale il vuoto, tra le maglie della rete metallica, di cui consiste l'opera, che diventa lo spazio da cui può fuoriuscire ancora la creatività e la musica del grande cantautore bolognese. Naturalmente, si sta parlando de L'ombra di Lucio, l'installazione - presentata come temporanea, ma talmente suggestiva da convincere le istituzioni a renderla permanente - creata dall'artista trevigiano Mario Martinelli per commemorare, nel primo anno dell'improvvisa morte, Lucio Dalla.

Un'immagine al contempo quasi impalpabile, specialmente quando il sole s'infrange direttamente sulla parete, ma densissima di significati e capace di riassumere, nella semplicità di una stilizzazione, l'intera biografica artistica e iconica del musicista più caro alla città di Bologna.

Una figura quasi diafana, che campeggia a fianco della finestra della casa di Lucio che s'affaccia sulla piazzetta, quella de' Celestini, in cui si trovano i tavolini di uno dei due bar - il Duca d'Amalfi, l'altro è il Gran Bar di via d'Azeglio, prospiciente all'ingresso della sua sontuosa abitazione, oggi museo - dove chiunque, quando si trovava in città, poteva incontrarlo e, confidando sulla sua naturale gentilezza e disponibilità, ottenere un autografo, fare una foto - i "selfie", fino al 2012, erano una rarità -, certamente scambiare un saluto e un augurio.

Ammirando questa creazione di Martinelli, oggi, come ogni 4 marzo, chiunque può leggere o ripercorrere la biografia di Dalla: a partire dalla curiosa "coppolina" che, insieme agli occhiali da sole, ne erano diventati una sorta segno di distinzione; poi, il sassofono, che riporta ai suoi esordi nella Dr. Dixie Jazz Band, all'amore per la musica americana che divenne la cifra dei grandi artisti bolognesi, dagli anni '50 a tutt'oggi, alla leggenda di Pupi Avati che avrebbe voluto ucciderlo. Poi, i gabbiani, simbolo doppio: sia del suo amore per le Tremiti, dove era di casa, per il golfo di Napoli, dove ebbe l'ispirazione di Caruso, o di Riccione, dove trascorreva spesso qualche giorno dell'anno e che, come tutte le sue spiagge, riecheggia in qualche canzone; ma, in particolare, richiama alla mente Come è profondo il mare, l'album del 1977 che consacrerà definitivamente Lucio Dalla come artista assoluto, facendogli trovare quella personalità canora e musicale e da paroliere che, fino a quel momento, ancora non aveva toccato le vette che, di lì in avanti avrebbe scalato.

Insomma, un'indelebile impronta sul muro, a pochi passi da una delle sue "piazze grandi" - com'è noto, la canzone probabilmente non parla di piazza Maggiore, ma di piazza Cavour, dal momento che, in quella principale, di panchine non ce ne sono mai state. E piazza Cavour era quella più frequentata dal cantante da ragazzo, quando abitava praticamente a pochi passi - che fa risuonare nella mente, ogni volta che lo sguardo ne incrocia la silhouette, una qualsiasi delle tante canzone che ha regalato a Bologna, all'Italia e al mondo. Con discrezione, senza l'imponenza della materia, ma con la forze del pensiero.

E un bel pensiero, oggi, come ogni anno, tutti i bolognesi, che siano "doc" o d'azione, lo rivolgono certamente a questo straordinario personaggio, per il suo compleanno. Auguri, Lucio!

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