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8 MARZO
08 Marzo 2025 - 18:29
Giorgia Meloni
Il governo, per festeggiare degnamente l'8 marzo, ha licenziato il disegno di legge che introduce il fantomatico - perché sì, bisogna avere il coraggio di saper navigare controcorrente, anche quando la forza della strumentalizzazione ideologica sembra inarrestabile - reato di "femminicidio". Non si tratta di un'intuizione giuridica, di una riforma del Codice penale necessaria a far fronte a chissà quale nuovo fenomeno; si tratta - e sono parole di Carlo Nordio, ministro della Giustizia - di "un segnale di attenzione anche culturale".
Perfetto! Ma di attenzione a quale "cultura"? A quella che ormai, a volte anche impropriamente, si definisce "woke", dietro al quale, tra gli altri aspetti, si maschera anche quella dimensione estremo-femminista che vorrebbe interpretare tutto l'esistente e l'intera dimensione umana alla luce di un presunto, interminabile e implacabile conflitto di genere, in cui l'elemento maschile - luogo metafisico di concentrazione d'ogni negatività e abiezione - dev'essere mortificato, minimizzato, assunto come parametro da demolire radicalmente, a partire dal linguaggio. Per capire il senso autentico della riforma, basta leggere il commento entusiasta della senatrice del Pd, Valeria Valente: "Istituire il reato di femminicidio significa infatti riconoscere la violenza contro le donne e il loro assassinio come un fatto sociale caratterizzato da una specifica dinamica riconducibile alla cultura patriarcale, alla sperequazione di potere tra i sessi, alle relazioni fondate sul possesso e sul controllo maschile dei corpi e della vita delle donne".
Quella "cultura", opponendosi alla quale - evidentemente a parole e in funzione meramente strumentale - proprio la leader del governo, Giorgia Meloni, per un decennio e più ha costruito le sue basi di consenso, in quella parte di opinione pubblica che ha tentato o vorrebbe resistere ancora a questo dominio intellettuale della Sinistra che, per altro, non ha più dimensione nazionale, ma, da New York - sede dell'Onu, dove tutte queste follie semantico-giuriudico-sociali prendono corpo -, si diffondono nel mondo con la forza di un virus irresistibile.
Mai previsione è più facile a farsi: quante donne salverà, l'introduzione di questa nuova fattispecie di reato? Nessuna! Colui che - per follia, cattiveria o lucida e criminale determinazione - s'appresta ad assassinare un altro essere umano, in un società fondata sul Diritto, sa bene e mette in conto di poter essere chiamato ad assumersi la responsabilità del suo agire, rispondendo di un delitto che, in ogni angolo del pianeta, è considerato la più turpe delle azioni.
Immaginare che chi si appresta a uccidere il prossimo possa, in qualche maniera, trattenersi o addirittura rinunciare al suo intento, solo perché, in luogo di omicidio, potrebbe essere chiamato a rispondere di "femminicidio", dimostra solo la sequispedale idiozia di chi nutre un pensiero del genere.
Processualmente parlando, poi, cambierà poco o niente: l'ormai obsoleto concetto di omicidio prevede già aggravanti - anche per lo specifico caso di un uomo che uccide una donna per motivi abietti, come possono essere quelli legati a una errata concezione dei rapporti tra i sessi - che permettono al giudice di infliggere pene più pesanti. Per altro, in una cornice di realtà - ed è questo semmai, il vero problema -, che vede anche gli assassini non scontare più l'ergastolo e, quand'anche gli vengano comminati 30 anni, uscire dal carcere molto prima di quel che sarebbe giusto accadesse.
Semmai, dal punto di vista giuridico, sarà interessante capire come sarà superato il dettato costituzionale, di cui al comma 1 articolo 3: "Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali". Qualcuno farà finta di non accorgersene, forse, ma, dopo che il Parlamento avrà licenziato la legge, uccidere un uomo sarà meno grave che uccidere una donna. Anzi, l'azione di un uomo che uccide un uomo, di una donna che uccide una donna, sarà meno grave di quella che compirà un uomo uccidendo una donna.
Per altro - si potrebbero accettare scommesse, su questo, anche concedendo quote generose -, al prossimo giro di governo delle Sinistre, questa crepa assurda nell'architettura del Diritto penale sarà allargata dal Gaycidio, dal Transessualicidio e via elencando. Cristallizzando nella norma la concezione ormai pervasiva d'ogni ambito dell'esistenza, in base alla quale è la sessualità - non il sesso, ma la pratica preferita nelle arti del "piacere" - a definire l'ubi consistam della stessa umanità. E si potrebbe pure fare satira, su quest'ultimo aspetto, dato che la locuzione latina poc'anzi citata, letteralmente, si traduce: dove io mi appoggi...
A cambiare - e tanto -, semmai, sarà il destino degli imputati di quel reato, i quali, di qui a poco, non saranno più chiamati a difendersi in un dibattimento equilibrato tra le parti, confrontandosi con l'accusa in rappresentanza anche delle persone fisiche che erano legate, in una qualsiasi maniera, con la vittima (congiunti, discendenti, parenti e via dicendo); bensì sarà costretto a lottare contro una pletora di organizzazioni politiche o politicizzate che promuovono - a volte con merito, spesso strumentalmente - i diritti delle donne. Questa è l'unica novità di rilievo, anche se si tratta di una mezza novità, perché in parte già accadeva ieri, quando "femminicidio" era solo un sostantivo del vocabolario di una parte degli "opinion maker".
Un enorme regalo, insomma, a quell'associazionismo vetero-femminista, che verrà concrtetizzato da quella parte di magistratura che non vede l'ora di poter liquidare esosi risarcimenti a queste sigle che, puntualmente, alle elezioni, corroborano le energie della Sinistra.
Dunque, ha ragione chi sostiene che non c'è bisogno che la Sinistra vinca le elezioni, per imporre alla società italiana la sua distorta visione dell'esistenza, anzi: è sufficiente e preferibile che governi questo tipo di Centrodestra, ansioso di "pentirsi di se stesso" a ogni pie' sospinto e di genuflettersi davanti all'avversario, nella speranza di una benevola carezza.
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