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Qualcuno spiega alla Clancy che la proprietà privata è legittima?

La Giunta Lepore tenta di risolvere la crisi degli affitti "espropriando" le case

Qualcuno spiega alla Clancy che la proprietà privata è legittima?

L'Associazione italiana gestori affitti brevi impugna davanti al Tar il nuovo regolamento edilizio e l'assessore Emily Clancy come risponde? Basta leggere il Corriere di Bologna, a cui la vicesindaco sottolinea: "La crescita esponenziale degli affitti turistici" che, nel 2024, avrebbe fatto contare "circa 24.800 alloggi locati a canone concordato, contro i 29.500 circa del 2019. Dunque sono spariti circa 5.000 alloggi dal mercato degli affitti tradizionali".

E quindi, verrebbe da dire?

Ora, il problema della disponibilità di case per l'abitazione propriamente detta, in Italia, soffre da tempo tre distinte problematiche. Prima tra tutte, l'accessibilità ai mutui bancari che, rispetto al passato, è sempre più problematica e impedisce, specialmente alle nuove famiglie - vuoi per gli alti tassi d'interesse vuoi per la precarietà del lavoro -, di accedere alla forma di finanziamento più semplice, quella che ha permesso alle passate generazioni di trasformare il costo dell'affitto in un investimento per il futuro.

In secondo luogo, sempre più proprietari di appartamenti si orientano verso l'affitto breve e turistico non tanto e non solo per la più alta remuneratività di questa formula, rispetto alla locazione tradizionale, ma per l'indubbio vantaggio che ne traggono in termini di certezza nell'uso e nella disponibilità del bene. Non è un segreto per nessuno come, affittando a lungo termine a uso abitativo, insorgendo problemi di morosità o di cattiva gestione dell'immobile, il proprietario debba scontare ancora gli effetti di una legislazione che, il più delle volte, protegge l'inquilino anche oltre ogni ragionevolezza. Legislazione e magistratura che spesso sono generosissime e indulgentissime col "moroso", ma implacabili con il proprietario, quando questi deve pagare le tasse o attendere ai suoi obblighi, trasformando, a volte, un oculato investimento immobiliare in vero e proprio incubo.

In terzo luogo, l'edilizia residenziale pubblica, buona parte della quale è appannaggio ormai non contendibile di alcune determinate categorie, a partire dagli extracomunitari, che, ai bandi pubblici, registrano punteggi che sono impossibili per un soggetto italiano che pur appartiene al ceto medio-basso.

Ora, pensare di risolvere tutto ciò con codicilli e postille che impediscano o dissuadano i proprietari dall'entrare nel fiorente mercato turistico, oltre che avere un sapore incostituzionale, ha pure del ridicolo. Tanto è vero che è la Clancy stessa ha dover ammettere che, delle 571 domande presentate per ottenere il cambio di destinazione d'uso di altrettanti appartamenti, da quando è in vigore il nuovo regolamento, oltre 500 sono state comunque già accettate. E se lei esulta per essere riuscita a far rinunciare dall'intento - per altro, momentaneamente - un 13/14% dei proprietari, ammesso sempre che non abbiano cambiato idea per motivi diversi e che non dipendono dall'iter burocratico nuovo,  certamente non si risolveranno i problemi abitativi di Bologna, con una settantina scarsa di appartamenti.

La realtà, è che qualcuno dovrebbe spiegare alla Clancy che la proprietà privata è legittima e insidiarla con regole, cavilli e burocrazia non aiuterà Bologna a ritrovare un equilibrio e nel mercato dell'affitto e nelle compravendite immobiliari. Specialmente se la questione viene affrontata coi toni ideologici del "gruppettaro" anni '70, come si evince da quest'altra dichiarazione del vicesindaco: "Il cuore della città non può diventare un quartiere fantasma, popolato solo da valigie con le rotelle e check-in automatizzati: non è il caso di Bologna, ma già si è visto in giro per il mondo come questo possa diventare il caso in assenza di regole".

Infatti, se c'è un gruppo sociale che contribuisce ad animare una città, piuttosto che a renderla "fantasma" - magari anche troppo, per altri versi -, è proprio quello dei turisti. Semmai, anche una buona parte del centro storico - basta girare all'imbrunire, per rendersene conto - si spegne letteralmente con le luci dei pochi negozi che vi insistono, date le difficoltà che esistono a Bologna, nel tener in piedi un'impresa commerciale e artigianale diversa dalla ristorazione.

Non solo: quelle valige con le rotelle, per l'amministrazione comunale, sono piene zeppe anche di soldi che, sotto la dicitura "tassa di soggiorno", stanno diventando una delle voci più consistenti, tra quelle delle entrate nelle casse di Palazzo d'Accursio. Soldi che potrebbero benissimo essere investiti in nuove costruzioni per la residenza a canone calmierato o per recuperare i tanti beni immobiliari, le cui condizioni non ne consentono l'uso immediato.

In altre parole, la Clancy e la giunta dovrebbero imparare a gestire e a investire meglio le proprie di risorse, piuttosto che tentare di mettere le mani su quelle dei cittadini che, nella loro vita, hanno risparmiato e investito, comprando una casa.

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