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MEMORIA
24 Marzo 2025 - 13:54
Il busto di Piero Zuccheretti, nella copertina di un libro di Pierangelo Maurizio
Le più alte cariche dello Stato, con in testa il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, il presidente del Senato, Ignazio La Russa, la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, e, via via a scendere di lignaggio, tutti gli altri rappresentanti delle istituzioni, ricordano doverosamente, oggi, le vittime della rappresaglia consumata dai nazisti alle Fosse ardeatine, poco distante da Roma.
In particolare La Russa e la Meloni, ma in buona compagnia, almeno quest'anno, non hanno mancato di citarla, quella fatidica parola, rappresaglia, ricordando - ma solo implicitamente, per non incorrere in guai seri - come quelle 335 persone fucilate nelle grotte dell'agro romano avrebbero vissuto giorni ben migliori, se Carla Capponi e Rosario Bentivegna, con l'avvallo di Giorgio Amendola, non avessero avuto la stupida idea di massacrare inutilmente 33 riservisti altoatesini in via Rasella.
Implicitamente, si è scritto, perché sono lontanissimi i tempi, in cui la Destra ricordava Piero Zuccheretti e l'altra decina di vittime civili dell'attentato partigiano (organizzando e ospitando le presentazioni dei testi di Pierangelo Maurizio), tentando, dai banchi dell'opposizione, di affermare una lettura più equilibrata e attagliata alla verità storica dei fatti della seconda guerra mondiale in Italia. Ora, dai banchi del governo, la "narrazione ufficiale" è più che sufficiente anche per loro e l'accento sulla parola "rappresaglia" è il massimo che si può pretendere.
Non è la storia ormai archiviata dai decenni, però, a interessare oggi.
Quella sottolineatura, infatti, al di là dei differenti giudizi storici sui quei fatti lontani nel tempo, dovrebbe significare, esprimere, quasi gridare al mondo un concetto: quale che sia il torto subito da una parte, nel corso del conflitto, non può essere accettata dal senso stesso di umanità che dovrebbe ispirare le azioni di tutti uomini e di qualunque Stato, una vendetta draconiana sulle popolazioni civili, e men che meno nella misura di 10 a 1.
Non si può che essere d'accordo, con un principio così formulato.
Eppure, al di là delle nostre sponde mediterranee, da due anni a questa parte, l'attentato compiuto da Hamas - o anche crimine, se lo si vuole e lo si deve considerare tale. Anche se, poi, qualcuno dovrà spiegare, celebrando universalmente il "partigianesimo" come metodo di lotta, quando un attentato è un attentato e quando, invece, diventa crimine -, contro i coloni israeliani, costato a quella povera gente 7/800 vittime, è stato fatto pagare alla popolazione civile palestinese, in modo indiscriminato e inaudito, prevalentemente a donne e a bambini inermi, nella misura - dati ufficiali dell'altro giorno - di quasi 100 a 1. Eppure ancora, quasi tutti coloro che oggi si stracciano le vesti per un crimine così lontano nel tempo, sostengono unanimemente, a destra come a sinistra, con pochissime, lodevoli eccezioni, la legittimità dell'azione perpetrata da Gerusalemme sulla gente di Gaza. E' coerenza, questa?
A cosa ci si riferisce, quando dal Quirinale a Palazzo Chigi, da Montecitorio al Nazareno, commemorando le Fosse ardeatine, le vittime di una rappresaglia, si afferma solennemente: "Ricordare è sempre un dovere, affinché non accada mai più"? Quando, invece, accade e, addirittura, si delegittimano proprio le decisioni di quelle istituzioni sovrastatali, come la Corte penale internazionale, che vorrebbero indagare ed eventualmente punire quei crimini?
Dev'essere la Storia a diventare finalmente "maestra di vita", oppure sono sempre e solo alcune "favole macabre" a restare funzionali a una narrazione delle umane cose, utile solo a qualche polemica di bottega interna, ma del tutto inefficace e inutile, per costruire un nuovo sistema delle relazioni e dei rapporti tra gli Stati e negli Stati che sia realmente ispirato a grandi principi di solidarietà. giustizia umane?
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