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Italiano, sì, ma di origine maghrebine, ma la Questura sceglie la privacy

Segreto sul nome dell'aggressore di via Agucchi, per non alimentare le polemiche sulle Babygang

Italiano, sì, ma di origine maghrebine, ma la Questura sceglie la privacy

Il parco dove è avvenuta la rissa con machete

Ci sarebbe una precisa disposizione, ovviamente da parte di qualche "vertice" della Questura, alla base della scelta di non comunicare alla stampa il nome del ragazzo arrestato per la rissa, con uso del machete, nel parco Farpi Vignoli. E altrettanto scientemente sarebbe stato deciso di mettere l'accento sul dettaglio che si sarebbe trattato di un cittadino italiano nato in Italia, per non alimentare polemiche sugli immigrati e sul peso che parte di questi anni nelle problematiche sulla Sicurezza attuale di Bologna.

D'altro canto, il ragazzo in questione sarebbe in tutto e per tutto italiano, sembrano abbiano ragionato a piazza Galilei, e, per tanto, far sapere anche che fosse di origini maghrebine avrebbe solo alimentato - specialmente sul web - polemiche inutili.

In verità, la scelta della Questura non è stata apprezzata, almeno da una parte dell'opinione pubblica, come dimostrano i commenti numerosissimi che, nei vari siti d'informazione, sono stati scritti a commento della notizia.

In primo luogo, perché è sembrato subito sospetto come, a fronte della quasi certezza che si tratti effettivamente della persona che avrebbe tranciato le dita di una mano a un quasi coetaneo, ne sia stata tenuta riservata l'identità, quando, a fronte di episodi ben meno gravi e senza avere identici convinzioni sull'effettiva colpevolezza, Procura e Questura hanno gettato in pasto alla stampa nomi e cognomi di persone che, poi, hanno visto magari, in sede di processo, ridimensionate le rispettive responsabilità. In secondo luogo, seppur sia vero che, da una parte, da tempo, specialmente in Questura, si è maggiormente cauti, nel far trapelare i nomi degli arrestati; è apparsa sospetta la contraddizione di voler proteggere l'identità dell'arrestato, di cui sarebbe bastato, al limite, comunicare l'età, senza altri particolari, specificandone, però, la nazionalità anagrafica e il luogo di nascita.

Due sarebbero gli imbarazzi da evitare e che avrebbero suggerito questa scelta comunicativa, da parte della Polizia.

In primo luogo, non alimentare il clima di apprensione in città, se non di paura, per il proliferare delle babygang. Quelle "pericolose compagnie" che, nella maggior parte dei casi, sono composte da immigrati di prima o seconda generazione, ma verso il quale proprio il questore di Bologna ha un atteggiamento molto distaccato, professionalmente parlando, al punto da indurlo ad affermare, in più occasioni, che non esistono e che lo stesso concetto di babygang sia sbagliato, se lo si usa quando si deve discutere della Sicurezza cittadina. E la negazione di una qualsiasi dignità a questa definizione mal si sarebbe accordata, con l'immagine di un giovane di origini nordafricane che si dà appuntamento con amici e contendenti, portandosi da casa un machete. Per altro, come ha fatto notare qualcuno sul web, citando diversi, recenti episodi accaduti sempre a Bologna e nella nostra regione, il machete sembra essere diventata l'arma preferita proprio dei delinquenti di origine o nazionalità marocchina o degli altri paesi del Maghreb. 

In secondo luogo, non far esplodere ulteriormente polemiche sul binomio Sicurezza-Immigrazione, particolarmente antipatico e avversato dal sindaco della città e dalle forze politiche che ne sostengono la giunta, a poche ore dall'inizio di una manifestazione - quella di questo pomeriggio in piazza del Nettuno - già oggetto di aspri dibattiti, con anche precise accuse di mal utilizzo dei soldi pubblici, tra Matteo Lepore e le forze di opposizione.

In altre parole, la vicenda di via Agucchi sarebbe stata "trattata" anche in base a considerazioni politiche - o a "cortesie", come sottolinea qualcuno - che, in altre situazioni - se non analoghe, quanto meno paragonabili - non sono state ritenute degne di attenzione. 

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