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Il Centrodestra abbandona l'Emilia al Pd?

Con la riforma dei ballottaggi, il Centrosinistra blinderebbe il suo potere in regione

Il Centrodestra abbandona l'Emilia al Pd?

A Roma, maggioranza e opposizione si stanno confrontando con energia sull'ipotesi di abolire il secondo turno di ballottaggio, nei comuni in cui, al primo turno, il candidato più votato abbia raccolto almeno il 40% dei voti.

Quale sia la logica di questa riforma è un mistero, eccezion fatta per l'indubbio, ma anche contenuto risparmio che si otterrebbe, nel votare in una sola tornata, anziché due.

Nella capitale, il Centrodestra sembra agguerrito, in questa battaglia, mentre il Partito democratico, un tempo favorevole a un cambiamento in questo senso della legge elettorale amministrativa, sembra ora aver cambiato idea, contrastando duramente le intenzioni degli avversari.

Sorprende, in questo dibattito, il silenzio assoluto degli esponenti di Fratelli d'Italia, Forza Italia e Lega dell'Emilia Romagna, i quali, se passasse una riforma del genere, forse con l'unica eccezione di Piacenza, consegnerebbe al Partito democratico praticamente tutti i sindaci degli altri capoluoghi e comuni della Regione, da Parma a Rimini.

Infatti, è abbastanza noto come, alle elezioni nelle città di quella che, non a caso, viene definita "regione rossa", il Pd, pur perdendo da anni consensi, ai nastri di partenza, parta non solo avanti, ma con percentuali che, se non superano quella soglia, vi si avvicinano enormemente. Per altro, anche a dispetto delle distanze che, a volte caratterizzano il rapporto con altre forze della Sinistra, in Emilia e in Romagna le formazioni che orbitano intorno al "partitone" - ingolosite dalla possibilità di gestire assessorati e società partecipate - ha sempre fatto sì che un accordo elettorale fosse facile a trovarsi. 

Non solo - e non solo a Bologna - il Partito democratico, rispetto a quando era maggioranza assoluta praticamente in tutte le principali città, pur di non perdere il potere locale, ha trovato il modo di allearsi anche con raggruppamenti, presentati sotto la veste di "liste civiche", dietro ai quali si celano i "centri sociali" più agguerriti, ripagati con la tolleranza - a volte indecente - verso le loro attività di occupazione di spazi pubblici e privati, oppure delle loro azioni violente contro gli avversari politici e le forze dell'ordine. Nel capoluogo di Regione, l'alleanza coi "centri sociali" è talmente granitica e fondamentale, nelle strategie elettorali del Pd, da aver portato Matteo Lepore ad assegnare a una loro diretta espressione il ruolo di vicesindaco.

Di contro, al Centrodestra è praticamente impossibile allearsi con qualsiasi formazione che nasca da quella che, di volta in volta, si definisce "area del dissenso", sia di natura politica sia di natura sociale, anche a causa della sudditanza psicologica verso il sistema mediatico, locale e nazionale, a cui basta gridare o anche solo sussurrare accuse-slogan classiche - da quelle di fascismo a quelle di "no-vax", da quelle di "populismo" a quelle di "razzismo", a seconda dei soggetti da colpire - per impedire ogni iniziativa di allargamento delle proprie basi di consenso. Senza contare il fatto che, a livello locale, sempre più spesso la contrarietà all'operato delle amministrazioni, in prima battuta, si organizza e raccoglie consenso in liste civiche.

Di norma, i tre partito al governo a Roma, faticano a superare il 35 o più spesso il 30'% al primo turno, anche nelle città dove il Pd e i suoi alleati restano marcatamente distanti dalla maggioranza assoluta. Ciò porta il Centrodestra a giocarsi le sue possibilità di vittoria al ballottaggio, dove riesce a stringere patti elettorali coi cittadini che si sono auto-organizzati per il voto al primo turno. Però, se passasse la riforma, tutto ciò sarà solo un ricordo, consegnando agli uomini di Elly Schlein l'inetra regione in ogni sua più piccola articolazione amministrativa o quasi.

Il caso più eclatante, sarebbe costituito da Bologna. Non solo, infatti, il "miracolo Guazzaloca" non sarebbe più ripetibile, anzi, neanche immaginabile; ma il Pd, che oggi raccoglie sì e no un terzo degli elettori potenziali, anche grazie all'astensionismo crescente, governerebbe indisturbato per i prossimi decenni, dato che il Centrodestra, in città, fatica ad attestarsi al 25%.

Un'eventuale forza civica che fosse in grado di riportare al voto parte dei delusi della politica, se passasse la riforma, compirebbe un'opera inutile, essendo impossibilitata a stringere alleanze per il ballottaggio.

Insomma, la riforma che abolisce il ballottaggio, laddove il più votato al primo turno superi il 40%, incarnerebbe il più classico dei "cupio dissolvi", nutrito evidentemente da un Centrodestra ormai rassegnatosi a non saper più vincere, in questa regione.

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