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CRIMINALITA'
14 Aprile 2025 - 12:47
Ormai, è la solita, quotidiana storia. Un passante, in via Di Vincenzo, alla Bolognina, nota un immigrato che sta armeggiando sulle automobili in sosta e allerta le forze dell'ordine. Sopraggiungono tempestivamente i carabinieri, i quali sorprendono l'uomo, 37 anni, di origine marocchina, ancora intento a forzare due macchine - entrambe di marca francese -, avvalendosi di una calamita dai bordi affilati. Per altro, si tratta di una persona "già nota", come ormai si usa dire, per indicare chi è abitualmente dedito a commettere reati.
Alla vista dei militari, il ladro tenta di darsi alla fuga, ma viene bloccato, seppur faticosamente, data la violenta reazione che scatena e costerà a due di loro sette giorni di prognosi. Calci e pugni che l'arrestato non ha smesso di sferrare o di tentare di sferrare nemmeno dopo il fermo, quando già si trovava ammanettato in macchina.
Denunciato per furto, resistenza e lesioni, dopo le foto segnaletiche di rito, il maghrebino viene trattenuto in camera di sicurezza, in attesa del processo per direttissima che si svolge di lì a breve.
L'esito, è scontato: il giudice ha convalidato l’arresto, ma, su richiesta dei termini a difesa, posticipa la sentenza, disponendo nel frattempo il divieto di dimora nella città metropolitana di Bologna. Il che significa che il manigoldo è stato liberato, nella speranza che, almeno, non insista a delinquere nella nostra provincia.
Tutto ciò ripropone un interrogativo annoso: cosa impedisce, da un punto di vista normativo o procedurale, di espellere definitivamente - col divieto assoluto e definitivo di rientrare in Italia - questo tipo di soggetti stranieri, i quali emigrano nel nostro Paese solo per dedicarsi ad attività criminali o illegali? Non sarebbe, specialmente nei casi di flagranza di reato, procedere direttamente, magari per via amministrativa, al rimpatrio di queste persone che, oltre che un pericolo, costituiscono solo un costo per la nostra società?
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