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CENTRI SOCIALI
17 Aprile 2025 - 14:29
Nata per sciogliersi, sigla dietro la quale è noto celarsi il centro sociale Labàs, a cui il Comune di Bologna ha consentito di occupare senza titolo l'ex-sede di quartiere di Vicolo Bolognetti, ha vinto il bando di concorso per l'assegnazione di quello stesso luogo, per i prossimi anni.
Dov'è la notizia?
Sarebbe stata clamorosa novità se, ad assicurarsi la gestione di quello spazio fosse stata una delle due cordate concorrenti, in particolare quella costituita da un insieme di realtà associative ben note, con un backround di iniziative notevolissimo e che anno sempre operato - dentro e fuori Bologna - rispettando le normative, pagando chi doveva essere pagato, assicurandosi che i volontari, i collaboratori e i dipendenti a loro servizio fossero sempre tutelati, nel lavoro, secondo quanto previsto dalle leggi.
Di contro, a leggere lo scarno comunicato dell'amministrazione comunale, a risultare prima è una cordata che, in primo luogo, è capeggiata da chi quel luogo, per esempio, lo ha gestito al di fuori d'ogni norma, per esempio, nella gestione della cucina che è stata mostrata anche agli altri concorrenti, durante l'espletamento del bando.
Una cucina che è certamente servita per confezionare pasti - parte dei quali sicuramente distribuiti dietro pagamento, negli anni passati - e che non è che avesse qualcosa non in regola, non aveva nulla a norma, a partire dall'incredibile e palese mancanza di una canna fumaria.
Non ha senso dilungarsi su quanto ha caratterizzato la gestione precedente, ma sarà interessante - quando saranno disponibili tutti gli atti della gara, già richiesti anche da alcuni consiglieri comunali - vedere in base a quali ragionamenti il Comune valuti migliori esperienze sviluppate al di fuori della legalità, rispetto a quelle di chi non ha mai avuto problemi con permessi, autorizzazioni, osservanza dei regolamenti comunali e statali che presidiano le attività rivolte al pubblico.
Tutto questo, però, è secondario rispetto al vero nodo della questione. Si legge, nel comunicato ufficiale di Palazzo d'Accursio, che la proposta di Nata per sciogliersi avrebbe vinto "in quanto molto ben articolata, con particolare riferimento allo sviluppo di una governance comunitaria, dove la sinergia fra associazioni, gruppi informali e volontari concretizza una fitta rete di attività, articolata su tre assi principali: partecipazione, prossimità e cultura".
Ora, sui concetti di "ben articolata" e di "governance comunitaria" - al di là degli inglesismi inutili - non è difficile immaginare che la commissione abbia ben valutato: trattandosi di cordate di associazioni, con esperienze e campi d'azione differenti e che si sono messe insieme, candidandosi a gestire uno spazio molto vasto, è quasi scontato che si sarebbero dovute trovare quelle caratteristiche, nei progetti presentati. Semmai, sarà interessante vedere come, quantitativamente, la "articolazione" della vincente si sarebbe dimostrata più convincente delle altre.
Sono i "tre assi principali", però, a sollevare dubbi: come di dimostra che una proposta sarebbe più "partecipativa", più "prossima" e culturalmente più valida delle altre?
Sarà interessante leggerlo, ma la sensazione chiara è che siano elementi fortemente condizionati dalla soggettività di chi è chiamato a giudicare le diverse offerte, sulla base di considerazioni e apprezzamenti personali, di gusti, non certo da parametri oggettivi.
Nella speranza - non scontata, visto la fine che ha fatto la precedente assegnazione dello stesso spazio a una cordata guidata dallo stesso soggetto oggi vincente - che il tutto sia stato svolto in modo formalmente corretto, comunque è chiaro che la valutazione finale è stata condizionata da una dose non indifferente di discrezionalità, da parte della commissione, poiché il metodo adottato, più che permetterlo, quasi ne imponeva l'uso. Se è possibile mettere sullo stesso piano associazioni o società cooperative legalmente costituite e un non meglio precisato - è la definizione accettata dal Comune e riportata sempre nel comunicato stampa - "gruppo informale di genitori degli studenti dell'Istituto Comprensivo 16 Zamboni - Guido Reni", si può dire - ed espressione più attagliata è difficile trovarla - che non c'è gara.
Anche perché - se i parametri di giudizio risultano così labili e arbitrari , balza all'occhio di chiunque che i partecipanti non avrebbero potuto partecipare, partendo dalla stessa, identica linea di partenza, visto l'occhio estremamente favorevole, col quale una delle tre, cioè, quella vincente, è guardata da anni proprio dall'Amministrazione comunale che ha indetto il bando.
D'altro canto, a questo punto, più che la lettura integrale degli atti di gara, sarà interessante capire come reagiranno le forze politiche dell'opposizione, quelle che dovrebbero tutelare il diritto di tutti a partecipare delle opportunità offerte dalla pubblica amministrazione e, nel caso di specie, che anche l'associazionismo e il volontariato che non è direttamente funzionale agli interessi politici di chi governa la città abbia agibilità a Bologna.
Se la reazione si limiterà a qualche interpellanza, a qualche interrogazione, si comprenderà la ragione profonda, per cui Matteo Lepore chi per lui o prima di lui, non ostante raccolga sempre meno consensi, in rapporto agli elettori iscritti nelle liste per le consultazioni comunali, raccolga un consenso abissalmente superiore a quello degli avversari.
Se l'opposizione non serve a niente, se non a strillare qualcosa una o due volte a settimana, il cittadino normale, non può che trascinare la sua delusione nell'area dell'astensione, chiudendosi nel perimetro di quelli che "non ci credono più" e smettono anche di andare a votare.
Prima di chiudere, è bene prevenire la domanda su cos'altro potrebbero fare le opposizioni, con un esempio concreto
Se il Ministero della Difesa mette a disposizione in comodato, sempre a Bologna, un'altra area simile a quella di vicolo Bolognetti e con analoghe finalità, in via Frassinago, cosa mai lo costringerebbe - come si evince dal comunicato diramato l'altro ieri - a progettare il bando per l'assegnazione in collaborazione col Comune, lasciando di fatto alla giunta la possibilità di operare in questo nuovo caso, come nei precedenti? Non si tratta di un immobile nella disponibilità di un'amministrazione sotto il controllo del governo? Non potrebbero, quindi, le forze politiche di governo chiedere una gestione diretta e più trasparente dell'assegnazione, bypassando Palazzo d'Accursio?
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