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Il caso
23 Gennaio 2025 - 11:05
Un caso che sembra uscito da un romanzo noir, ma che purtroppo è reale e si sta svolgendo nelle aule di giustizia italiane. Una donna moldava di 48 anni è sotto processo con l'accusa di aver tentato di avvelenare il marito, un uomo albanese di 55 anni, utilizzando del topicida. La richiesta del pubblico ministero, Luca Bertuzzi, è di 10 anni di reclusione.
La vicenda ha inizio nel 2022, quando la coppia, già in crisi, decide di separarsi. Tuttavia, dopo un breve periodo, la donna torna a casa, apparentemente riconciliata con il marito. Ma da luglio dello stesso anno, l'uomo inizia a soffrire di una serie di malori inspiegabili, caratterizzati da dolori lancinanti che lo costringono a frequenti visite al pronto soccorso di Rimini. I medici, insospettiti dai sintomi ricorrenti, decidono di approfondire le analisi, scoprendo nel sangue del paziente tracce di bromadiolone e coumatetralyl, due potenti principi attivi contenuti nei topicidi.
Le indagini della polizia portano a una perquisizione nell'abitazione della coppia, dove viene rinvenuta una siringa contenente bromadiolone in un cassetto della camera da letto. Questo ritrovamento risulta decisivo per l'arresto della donna, che viene posta agli arresti domiciliari con l'ausilio di un braccialetto elettronico. Nonostante le accuse, la 48enne continua a dichiararsi innocente, sostenendo di non sapere come il veleno sia finito nel cibo del marito.
Il processo, che si svolge con rito abbreviato, vede la difesa dell'imputata, rappresentata dall'avvocato Luca Greco, contestare la letalità delle dosi di veleno ingerite dall'uomo. Secondo la difesa, le quantità non sarebbero state sufficienti a provocare la morte, sollevando dubbi sulla reale intenzione omicida della donna. Tuttavia, il pubblico ministero Bertuzzi insiste sulla gravità del gesto, chiedendo una condanna esemplare. La sentenza del giudice per le indagini preliminari, Raffaella Ceccarelli, è attesa per il prossimo 4 marzo.
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