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Nuove indagini sulla morte di Fabio Romagnoli avvenuta il 20 febbraio 2023 nel carcere di Modena

Il Gip di Modena ha rigettato la richiesta di archiviazione e ha ordinato ulteriori accertamenti sul decesso

Il Giudice per le indagini preliminari del tribunale di Modena, Andrea Scarpa, ha rigettato la richiesta di archiviazione e ha disposto ulteriori approfondimenti investigativi per chiarire le circostanze che hanno portato alla morte di Fabio Romagnoli, deceduto a 40 anni il 20 febbraio 2023 all'interno del carcere di Modena. Romagnoli fu rinvenuto accasciato al suolo da un compagno di cella e da un agente della polizia penitenziaria, con accanto un fornellino a gas. La Procura aveva attribuito la morte a cause accidentali; tuttavia, la famiglia, rappresentata dagli avvocati Luca Sebastiani e Stefania Pettinacci, si è opposta alla chiusura delle indagini, sostenendo si trattasse di un suicidio e che non furono adottati adeguati provvedimenti preventivi, nonostante i precedenti tentativi di suicidio.

Il giudice ha quindi ordinato ulteriori accertamenti, focalizzandosi sulla questione della disponibilità del fornellino per un detenuto con storico di tentativi suicidari. Saranno esaminate eventuali linee guida relative alla concessione di tale oggetto ai reclusi. Saranno inoltre ascoltati i genitori e il compagno di cella per comprendere lo stato psicologico di Romagnoli nei giorni antecedenti al decesso.

"Siamo soddisfatti del lavoro fin qui svolto e, soprattutto, della decisione del Gip modenese, che potrebbe rappresentare un importante passo avanti nella prevenzione del rischio suicidario all'interno degli istituti penitenziari. Romagnoli era un individuo vulnerabile che aveva già tentato il suicidio durante la detenzione e, secondo quanto riferito ai familiari nelle ultime settimane di vita, si trovava in uno stato di grave sofferenza psichica," hanno dichiarato gli avvocati Sebastiani e Pettinacci.

"Siamo consci che il sovraffollamento delle strutture penitenziarie, in particolare del carcere di Modena, associato a un insufficiente numero di personale sanitario, educativo e di agenti penitenziari, rende particolarmente ardua la prevenzione di comportamenti autolesivi. Tuttavia, ciò non può andare a scapito dei diritti dei detenuti e, in casi come questo, dei loro familiari," hanno aggiunto.

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