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Denunciato per molestie

Blake Lively denuncia Justin Baldoni per molestie sessuali

Baldoni e i membri della casa di produzione Wayfarer Studios avrebbero rivolto commenti sessisti nei suoi confronti

È Blake Lively a dire basta: la denuncia a Justin Baldoni per molestie sessuali

In seguito alle insinuazioni ricorrenti sul fatto di non essere realmente la figura più apprezzata di Hollywood, l'attrice statunitense Blake Lively ha deciso di porre fine a tali speculazioni. Proprio come ha fatto il suo personaggio Lily nel popolare film estivo "It Ends with Us - Siamo noi a dire basta", Lively ha avviato un procedimento legale nei confronti di Justin Baldoni, suo co-protagonista e interprete di Ryle, il marito abusivo della protagonista. In un illuminante articolo pubblicato dal New York Times, la Lively ha denunciato come Baldoni, sostenuto dal suo team di manager, abbia orchestrato una vera e propria campagna diffamatoria. Secondo le sue dichiarazioni, tale campagna ha cercato di rappresentarla non come la vittima che impersonava sullo schermo, bensì come una persona autoritaria e difficile da gestire. La strategia sarebbe stata sostenuta da "prove" sotto forma di messaggi tra Baldoni e il suo entourage, nei quali si vantavano di aver ottenuto l'effetto sperato: seminare confusione tra i fan, diminuire il seguito di Lively e consolidare il supporto nei confronti di Baldoni. Quest'ultimo, durante tutta la fase promozionale, ha recitato il ruolo della vittima delle scene di abuso, affermando che queste gli avevano procurato ansia e depressione. Ha inoltre manifestato solidarietà verso le vittime di violenza domestica, tema cardine della pellicola, tramite i social media. L'articolo del New York Times riporta inoltre che Lively ha descritto reiterate violazioni delle norme comportamentali sul set da parte di Baldoni e di membri della casa di produzione Wayfarer Studios, i quali avrebbero rivolto commenti sessisti nei suoi confronti. L'attrice ha presentato come prove estratti di email e messaggi ottenuti tramite procedimenti legali, in cui emergeva l'intento di Baldoni di "seppellirla", intendendo isolarla attraverso la cosiddetta "cancel culture". Questo fenomeno colpisce spesso personalità di alto profilo e rispetto, che vengono escluse dalla società mediale a causa di comportamenti inaccettabili, specialmente contro le donne. Un nome noto associato a tale cultura è quello di Harvey Weinstein, l’ex produttore cinematografico condannato per molteplici abusi sessuali, il cui caso nel 2017 ha dato impulso al movimento #MeToo.

In concomitanza con questa campagna, quasi casualmente nello stesso periodo, è stato pubblicato su YouTube un video dell'intervistatrice norvegese Kjersti Flaa. Questo filmato sembrava avvalorare le accuse mosse dall'attore, poiché Flaa dichiarava che il comportamento di Blake Lively, durante un'intervista condotta nel 2016, l'aveva quasi spinta a "lasciare il suo lavoro". Successivamente all'intervista pubblicata dal New York Times, l'intervistatrice ha pubblicato un nuovo video in cui ha "negato" qualsiasi suo coinvolgimento nella campagna di "diffamazione" contro l'attrice.

Nel contesto della complessa vicenda, l'avvocato di Baldoni, Bryan Freedman, ha reagito tempestivamente emettendo un comunicato stampa indirizzato al New York Times, nel quale l'attore respinge le accuse mossegli dall'attrice, descrivendole come un "disperato tentativo di riparare la sua negativa reputazione". Numerose figure di rilievo nel mondo di Hollywood e non solo, hanno manifestato il loro sostegno verso Lively. In particolare, l'autrice Colleen Hoover, nota per aver scritto il romanzo da cui è stata tratta la pellicola, ha pubblicato un post di ferma indignazione riguardo alle accuse che l'attrice ha dovuto fronteggiare durante l'intera campagna promozionale del film, dichiarando inoltre il suo pieno appoggio alla battaglia legale in corso.

L'attrice nutre la speranza che la propria confessione possa contribuire a far calare il sipario su queste "sinistre tattiche di rappresaglia" e a tutelare altre persone che potrebbero diventare bersaglio di azioni altrettanto diffamatorie.

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