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20 Dicembre 2024 - 17:20
Simonetta Cesaroni (Fonte Instagram)
Il delitto di Simonetta Cesaroni, avvenuto il 7 agosto 1990 nell’appartamento di via Poma a Roma, è uno dei casi di cronaca nera più misteriosi e discussi della storia italiana. La giovane, 21 anni, fu brutalmente uccisa con 29 colpi di tagliacarte mentre si trovava negli uffici di un ostello della gioventù. Nonostante anni di indagini, il colpevole non è mai stato trovato, e il caso è rimasto senza risposte definitive per ben 34 anni.
Nel 2024, però, arriva un colpo di scena. Il giudice per le indagini preliminari (GIP) di Roma, Giulia Arcieri, ha respinto la richiesta di archiviazione del caso e ha ordinato nuove indagini. La decisione arriva dopo l’esposto presentato dall’avvocato Claudio Strata, che ha sollevato una nuova e inquietante pista: quella del possibile coinvolgimento dei servizi segreti italiani. Secondo fonti interne alla Procura, la pista sarebbe stata suggerita da un generale in pensione del Sisde, i servizi segreti civili, che avrebbe fornito informazioni cruciali. Ma la nuova inchiesta non si limita a questa singola segnalazione: il gip ha chiesto di fare piena luce sul ruolo degli 007, chiedendo agli inquirenti di concentrarsi su documenti riservati che potrebbero essere stati rinvenuti nell’appartamento dove fu commesso l’omicidio.
Le nuove indagini si concentrano su alcune circostanze inquietanti che da sempre avevano sollevato dubbi sulla gestione iniziale del caso. In particolare, la scena del crimine non sarebbe stata adeguatamente preservata, con molti reperti cruciali che sono andati perduti o sono stati addirittura tralasciati. Tra questi, le impronte digitali trovate nell’appartamento e il sangue presente sulla scena che non sono stati subito comparati con quelli di altre persone coinvolte nel caso. Alcuni hanno parlato di interferenze esterne, suggerendo che i servizi segreti possano aver rallentato le indagini per motivi ancora poco chiari.
La pista dei servizi segreti si rafforza ulteriormente alla luce di alcune dichiarazioni che collegano l’omicidio di Simonetta a una vicenda più grande, forse legata a operazioni sotto copertura o a lottizzazioni politiche dell’epoca. Il caso di via Poma potrebbe non essere stato un semplice delitto, ma piuttosto un "incidente collaterale" all’interno di una trama molto più complessa. Alcuni documenti ritrovati recentemente dalla famiglia Cesaroni, infatti, attestano che diversi colleghi della vittima frequentavano gli uffici dell’Associazione Italiana Alberghi della Gioventù durante i mesi precedenti al delitto, e questo potrebbe essere un indizio che apre nuove domande.
A alimentare i sospetti, si aggiungono anche le testimonianze di personaggi legati agli apparati di sicurezza e polizia, tra cui Carmine Belfiore, ex questore di Roma, e Sergio Costa, ex agente dei servizi segreti e genero dell’allora capo della polizia. Entrambi sono stati chiamati a testimoniare, e le loro dichiarazioni potrebbero rivelare dettagli sconosciuti che potrebbero fare luce sul mistero. Nel frattempo, Mario Vanacore, figlio del portiere dello stabile in cui Simonetta fu uccisa, ha espresso soddisfazione per la riapertura delle indagini. “Sono contento che la procura stia indagando sulla pista segnalata dal mio legale", ha dichiarato, facendo riferimento all’esposto presentato mesi fa. La sua speranza è che questa nuova fase dell’inchiesta possa finalmente portare alla verità, dopo oltre tre decenni di incertezze e ipotesi non verificate.
Con il caso che ora si riaccende, la domanda che tutti si pongono è se, finalmente, l'omicidio di Simonetta Cesaroni possa trovare una risposta.
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