fatti e notizie
Cerca
SOCIAL & LEGGE
12 Marzo 2025 - 21:00
La Corte di Cassazione italiana ha emesso una sentenza che potrebbe apportare cambiamenti significativi nell'utilizzo delle prove digitali nei procedimenti civili. Con il verdetto n. 1254 del 18 gennaio 2025, la Corte ha sancito che le conversazioni su WhatsApp, così come gli SMS conservati nella memoria dei telefoni cellulari, possono essere utilizzati come prove documentali, a meno che non ne venga contestata l'autenticità. Tale decisione potrebbe rivoluzionare la considerazione delle comunicazioni digitali non solo in ambito giudiziario, ma anche nelle verifiche fiscali condotte da enti come l'Agenzia delle Entrate e la Guardia di Finanza.
La sentenza scaturisce da una controversia tra un privato cittadino e un'azienda di serramenti. Il cliente aveva pagato solo un terzo della somma pattuita, contro le richieste dell'impresa che esigeva il saldo completo. In un primo momento, il Tribunale di Pavia si era schierato a favore del cliente, ma successivamente la Corte d'Appello di Milano ha sovvertito la decisione, accettando come prova uno screenshot di una conversazione su WhatsApp che confermava l'importo dovuto. Il cliente si è appellato alla Cassazione, contestando l'utilizzabilità del messaggio come prova, ma la Corte ha respinto il ricorso, sancendo la validità degli screenshot come prove documentali.
La sentenza della Corte di Cassazione ha importanti ripercussioni: le autorità fiscali possono ora considerare le conversazioni su WhatsApp come prove documentali nelle loro verifiche, esaminando dispositivi elettronici per identificare conversazioni di rilievo fiscale. Tuttavia, la semplice presentazione degli screenshot potrebbe non bastare per dimostrare transazioni economiche o altri fatti rilevanti; l'Agenzia delle Entrate potrebbe richiedere ulteriori prove, quali perizie tecniche o documentazione bancaria, per confermare l'autenticità dei messaggi.
Perché una chat su WhatsApp sia riconosciuta come prova valida, devono essere soddisfatti alcuni criteri fondamentali: identificabilità del dispositivo, integrità del contenuto e acquisizione tramite screenshot. Se questi prerequisiti sono rispettati, uno screenshot può essere considerato valido come prova documentale, anche nel caso in cui la chat sia stata cancellata. La decisione della Cassazione s'inserisce in un percorso giurisprudenziale che, negli ultimi anni, ha riconosciuto un valore crescente alle prove digitali. Già nel 2017, la Cassazione penale aveva sottolineato l'importanza di acquisire il supporto informatico originale in caso di contestazione, mentre nel 2023 le Sezioni Unite avevano parificato gli screenshot a prove documentali, purché supportati da elementi di riscontro.
Nonostante i benefici, la sentenza ha suscitato alcune preoccupazioni. Il rischio di abusi o errori è reale: uno screenshot potrebbe essere decontestualizzato, interpretato in modo fuorviante o persino falsificato. Inoltre, la privacy degli utenti potrebbe essere messa a rischio, considerando che WhatsApp è percepito come uno strumento sicuro grazie alla crittografia end-to-end. La necessità di equilibrare il diritto alla riservatezza con l'interesse pubblico nella lotta all'evasione fiscale sarà un tema centrale nei futuri dibattiti giuridici.
BolognaCronaca.it | Direttore responsabile: Andrea Monticone
Vicedirettore: Marco Bardesono Capo servizio cronaca: Claudio Neve
Editore: Editoriale Argo s.r.l. Via Principe Tommaso 30 – 10125 Torino | C.F.08313560016 | P.IVA.08313560016. Redazione Torino: via Principe Tommaso, 30 – 10125 Torino |Tel. 011.6669, Email redazione@cronacaqui.it. Fax. 0116669232 ISSN 2611-2272 Consiglio di amministrazione: Presidente Massimo Massano | Consigliere, Direttore emerito e resp. trattamento dati e sicurezza: Beppe Fossati Email redazione@cronacabologna.it. Fax. 0116669232 |ISSN 2611-2272
Registrazione tribunale n° 1877 del 14.03.1950 Tribunale di Milano
Nell'anno 2023 sono stati percepiti i contributi di cui al decreto legislativo 15 maggio 2017, n. 70. Indicazione resa ai sensi della lettera f) del comma 2 dell'articolo 5 del medesimo decreto legislativo.