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Francesco D’Alò, ennesima vittima del lavoro. Bologna si ferma sulla tangenziale per dire basta

Sicurezza sul lavoro: un diritto irrinunciabile, non un costo da sacrificare

Operaio morto sul lavoro

Francesco D"Alò

Francesco D’Alò aveva 59 anni. È morto mentre lavorava in un cantiere sulla tangenziale di Bologna, travolto da un furgone all’alba, in un tratto che ogni giorno percorrono migliaia di automobilisti ignari.
La sua morte non è stata una fatalità: è l’ennesimo tassello di un dramma che si ripete, ogni volta uguale e ogni volta intollerabile.
Oggi, proprio lì dove Francesco ha perso la vita, i sindacati hanno deciso di fermarsi.
Un sit-in simbolico ma potente, che ha bloccato per mezz’ora il traffico in direzione San Lazzaro. Decine di lavoratori, insieme a rappresentanti di Cgil, Cisl e Uil, si sono seduti sull’asfalto per gridare un messaggio chiaro: Basta morti sul lavoro”.
Il presidio non è stato solo un atto di protesta, ma un richiamo alle responsabilità.
Alla necessità di accertare ogni dettaglio dell’incidente, certo. Ma anche di indagare a fondo sulle condizioni di sicurezza: la formazione ricevuta, i dispositivi individuali forniti, le tutele reali per chi ogni giorno lavora in strada, nei cantieri, nei settori più esposti.
Francesco era stato assunto poco più di un anno fa da Asten Arcobaleno, una società interinale attiva nei cantieri.
Il suo nome si aggiunge a un elenco tragico che riguarda troppo spesso lavoratori precari, temporanei, assunti attraverso agenzie.
Una condizione che, come sottolineano Alessandro Cambi, Francesca Cocco ed Eleonora Ciullo (Nidil Cgil, Felsa Cisl e Uiltemp), non può più essere ignorata“Nel settore delle costruzioni, che registra il maggior numero di infortuni, è indispensabile rafforzare ogni misura di sicurezza e ogni percorso di formazione, soprattutto per chi entra in cantiere attraverso contratti atipici”.
Due scioperi sono stati annunciati nei prossimi giorni a Bologna e Ravenna, per continuare a denunciare con forza la necessità di mettere la sicurezza al centro.
Perché morire di lavoro non può essere il prezzo da pagare per portare a casa uno stipendio. Non più.
Serve un cambio di rotta. Serve che ogni datore di lavoro, ogni istituzione, ogni cittadino si fermi un momento a riflettere.
La sicurezza non è un costo, è un diritto.
E la vita di Francesco, come quella di tanti altri prima di lui, non può essere dimenticata.
 
 

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