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Strage di Bologna, la difesa di Cavallini: "Non è finita, andremo a Strasburgo"

La difesa annuncia il ricorso a Strasburgo e contesta tre punti chiave della sentenza

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Avvocati G.Bordoni e A.Pellegrini

Se da una parte i legali di parte civile non nascondono la soddisfazione per la sentenza con cui la Corte di Cassazione ha reso definitiva la condanna all’ergastolo di Gilberto Cavallini per concorso nella strage del 2 agosto 1980 alla stazione di Bologna, dall’altra la difesa dell’ex esponente dei Nar non considera chiuso il capitolo giudiziario.
L’avvocato Gabriele Bordoni, che assiste Cavallini insieme al collega Alessandro Pellegrini, annuncia infatti l’intenzione di ricorrere alla Corte di Strasburgo. "Credo che si riparlerà di alcuni punti della sentenza proprio a Strasburgo e, un domani, in sede di revisione", afferma il legale, elencando tre elementi centrali su cui si concentrano le sue critiche.
Il primo riguarda il mancato accesso all’ultima parte delle analisi comparative sul Dna, inizialmente attribuito a Maria Fresu, una delle vittime, ma poi rivelatosi non appartenente a lei. "Anziché risolvere la questione con un ragionamento deduttivo – scrive Bordoni – si poteva e si doveva ricorrere alla scienza, considerando che le tecniche sul Dna sono oggi evolute e risolutive in molti processi. Continueremo da soli la nostra ricerca della verità".
Il secondo punto sollevato riguarda l'alibi fornito per la trasferta a Padova di Francesca Mambro, Valerio Fioravanti, Luigi Ciavardini e dello stesso Cavallini.
La Cassazione lo ha definito "il punto di maggiore fragilità della tesi difensiva circa l’assenza di consapevolezza, da parte di Cavallini, del proposito stragista coltivato da Fioravanti e Mambro". Ma per Bordoni si tratta di una lettura forzata: "Erano sodali nei Nar. Offrire un alibi agli altri tre è semmai un gesto di favoreggiamento postumo, non una prova di partecipazione al reato".
Il legale contesta quindi il passaggio in cui si afferma che Cavallini avrebbe avallato un alibi falso con atteggiamento indicativo di piena condivisione del piano stragista.
Secondo Bordoni, così facendo si confonde l’ospitalità già giudicata in relazione al reato di banda armata con una nuova ipotesi di concorso nella strage, ribaltando la logica giuridica: "Si trasforma un alibi prestato dopo i fatti in una forma di partecipazione al reato stesso".
Il tezo punto, infine, Bordoni si sofferma sull’apparente contraddizione tra il processo a Cavallini e quello di secondo grado a carico di Paolo Bellini. "Nel capo d’imputazione del processo Bellini – ricorda – Cavallini è indicato come concorrente nel reato, insieme a Mambro, Fioravanti, Ciavardini e altri. Ma nel processo a carico di Cavallini, così come in quelli contro gli altri Nar, del concorso di Bellini non si è mai parlato, né nei capi d’imputazione né nelle sentenze.
Eppure – aggiungere – quell’aspetto sarebbe stato determinante per la ricostruzione dei fatti".
Per la difesa, dunque, su questo punto Cavallini non avrebbe avuto alcuna possibilità di difendersi.
E la partita, secondo gli avvocati, resta tutt’altro che chiusa.

 

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