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Bologna si lecca le ferite di una sciagura annunciata

Mezza città si rimbocca le maniche per rimuovere il fango

Il giorno dopo, guardando il cielo ancora minaccioso, Bologna, dal centro storico alla più sperduta provincia, prova a rimboccarsi le maniche e a rimuovere le conseguenze del diluvio che ha tempestato la città. Strade ancora bloccate per ragioni di sicurezza, anche alla viabilità pedonale. Primi piani e innumerevoli cantine e garage letteralmente stipati di fango e detriti che, con pazienza e spirito di sopportazione, ciascuno cerca di rimuovere dai propri locali. Particolarmente funestata la zona nord-ovest di Bologna e le strade che portano in collina. Le immagini di via Andrea Costa - l'arteria principale che porta allo Stadio e alla tangenziale di Casalecchio - e di via Saffi - che collega il centro all'ospedale più importante - lasciano allibiti. Pianoro piange anche una vittima, su cui nessuno ha intenzione e voglia di speculare, ma la gente che butta via mobilio, suppellettili, materiali conservati nelle dispense casalinghe, dietro l'espressione abbattuta, mal cela una rabbia che è certamente motivata. Com'è possibile, infatti - si chiedono più o meno tutti -, che dopo solo un anno dalla prima alluvione, non sia cambiato nulla, anzi, la pioggia abbia avuto effetti ancor più devastanti? Possibile che non si siano prese precauzioni per evitare questo disastro? Se è accaduto, è possibile. Certo che è possibile. I tanti video pubblicati per documentare la sciagura ieri sera (il lettore può guardare le altre pagine di bolognacronaca.it) testimoniano non tanto la furia degli elementi - ha piovuto tanto, certo, ma ci si trova pur sempre nella pianura padana, dove l'acqua dal cielo è stata considerata per secoli una benedizione -, ma l'incuria generale delle infrastrutture idrauliche, incapaci di reggere alle sollecitazioni anche solo un po' più intense dell'ordinario. Tanto è vero che non esondano i grandi fiumi - il Po, il Reno - che costituivano lo spauracchio delle epoche passate. Esondano corsi d'acqua che, di norma, sembrano sentieri, tanto aridi e privi di portata si presentano. Non reggono le fognature che, prima ancora che l'acqua invada le case, già dal pomeriggio avevano iniziato a trasformare in laghetti innumerevoli percorsi cittadini. Possibile che non ci siano responsabilità umane, amministrative, politiche? La sensazione è che, se non si trattasse dell'Emilia Romagna, le procure di mezza regione avrebbero già aperto fascicoli quanto meno per disastro colposo, spedendo carabinieri e poliziotti in tutti gli uffici comunali e pubblici. A Bologna e in Romagna, invece, è sempre colpa del Padreterno e lo giurano anche gli atei. Il che, francamente, è ridicolo, oltre che offensivo per le vittime e per coloro che pagheranno le conseguenze di tutto ciò.

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