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RICORDO PERSONALE / Video lettura

Benozzo, un uomo libero e combattente per la libertà

La video lettura della sua lettera aperta ai docenti e agli universitari contro il Green pass

Caro lettore, 

pochissime volte, nella mia ormai lunga carriera giornalistica, mi sono permesso e di scrivere in prima persona e di farlo per raccontare una mia esperienza. "Mia esperienza" non nel senso di un evento, a cui, avendo assistito, rendo testimonianza al pubblico che mi segue, ché questa sarebbe la normalità, professionalmente parlando; bensì nel senso di un fatto vissuto, partecipato più o meno intimamente o intensamente, in cui chi scrive si è sentito coinvolto da ciò che è oggetto del suo dire.

Sono passati ormai quattro anni, da quando, avendola letta, rimasi molto colpito dalle parole e dallo stile di Francesco Benozzo, il quale, fino a quel momento, per me non era molto di più di un nome, di un professore dell'Università di Bologna che, personalmente, non avevo mai avuto occasione né d'incontrare e nemmeno di conoscere oltre la superficialità. Frasi e toni, con cui si era rivolto ai suoi colleghi e ai suoi studenti, nel delicatissimo - e drammatico, ma non tanto nel senso sanitario, ma sociale e politico - frangente del lock-down e dell'infamia del Green pass. 

Uomo di scienza - perché anche quelle umanistiche, quando si studiano al massimo livello, sono scienze, anche se si esprimono con un linguaggio diverso da quello della Matematica -, dopo aver espresso quelle che, con misura, definì "perplessità sulla narrazione univoca della Pandemia" e ricordando di aver ricevuto, a seguito delle sue parole, espressioni di solidarietà, ma anche inaspettati attacchi, insulti, moniti, minacce e scomuniche, denunciò senza enfasi, ma con fermezza, l'impossibilità di difendere una concezione della Scienza stessa che fosse fondata sul dubbio e sul confronto su posizioni, neanche distanti o differenti, ma anche solo diverse. In altre parole, Benozzo evidenziò come, in quei mesi, fosse morta la stessa idea genuina di Scienza che, se è vero che non può mai essere democratica - nel senso che non può accettare tesi e posizioni che siano espresse fuori dalla metodologia e dalle regole dell'analisi scientifica -, men che meno può ammettere di diventare autoritaria e addirittura dogmatica. 

Poi, in quel testo che qui vi ripropongo - chiedendo scusa per la dizione: la mia non è certo quella di un attore consumato - ebbe il coraggio di puntare il dito contro gli intellettuale, contro i "creativi", contro quella parte di "pensatori ribelli" che, passata una vita a battersi per reclamare libertà quando nessuno la conculcava a chicchesia, per darsi un'aurea da martiri, restavano muti, mentre il governo comminava i "domiciliari" a 60 milioni di italiani. Cantanti, attori, scrittori e quanti altri che si dimostrarono desolatamente - sono parole sue - solo "infarciti di concetti d'accatto, di partegianesimo e resistenza".

Quel che lo ha reso grandissimo, però, in quel momento, fu il coraggio di puntare il dito contro se stesso, di denunciarsi come un "vigliacco", per non aver trovato l'energia sufficiente a portare fino in fondo la sua battaglia, licenziandosi dall'Università. Mentre tutti piegavano la schiena, mentre tutti i fenomeni del baraccone mediatico nazionale e internazionale facevano a gara per smutandarsi davanti al potere, lui, prima ancora che sputar loro in faccia il suo disprezzo, ha messo alla gogna se stesso per quel briciolo - ma proprio briciolo briciolo - di umana esitazione che ebbe, pur combattendo come un leone contro i diktat del "Sistema". 

Io ho portato in piazza - in piazza Maggiore - la prima pattuglia di dissenzienti, di ribelli contro il governo che pretendeva di disporre delle nostre vite, per mascherare le sue incapacità e promuovere i propri loschi affari - fatti di mascherine che rendevano più dei vestiti di Chanel e di banchi a rotelle utili come un frigorifero al Polo nord -, scrivendo col mio e col corpo di 200 amici la parola "Libertà" sul Crescentone. Era il 2 maggio 2020. Da allora, ho partecipato e conosciuto tutti i principali protagonisti e partecipanti di quelle mobilitazioni che ci videro in strada per tanti e tanti mesi, nel corso del biennio fatidico. Nessuno ha mai rimproverato o immaginato che si potesse rimproverare a Benozzo - diventato un eroe per tutti - di non aver compiuto anche quel gesto.

Ebbene, quando scrisse quella lettera aperta, fu naturale per me cercare il suo numero di telefono, chiamarlo. parlargli di persona e fargli notare che, per dare più eco alle sue parole, trascriverle in un articolo non avrebbe avuto molta efficacia. Gli chiesi il permesso di poterle leggere e di trasformarle in un video, per quanto abborracciato, da pubblicare su YouTube. Lui, il quale sapeva chi fossi e cosa rappresentassi politicamente nella nostra città, non ebbe esitazioni, poiché a fronte di quel che stava accadendo all'Italia, le rispettive convinzioni - per quanto reciprocamente importanti - non potevano e non dovevano costituire un ostacolo alla diffusione di un grido di puro, cristallino e doveroso dissenso. E mi diede l'assenso a fare ciò che avevo intenzione di fare.

Dimostrammo, in quella breve, episodica, ma intensa collaborazione, l'uno all'altro, cosa significa essere un autentico anarchico, quale lui era, e cosa significhi essere autenticamente un uomo di destra, come mi sono sempre sforzato di essere.

Ora che ha intrapreso il più misterioso dei viaggi, quello che si compie in compagnia solo del proprio destino, ma che certamente conduce in luoghi dove non può esistere l'oppressione e risplendono solo verità autentiche, lo saluto con l'affetto e la gratitudine che ho provato solo per pochi, tra i pur tanti combattenti tenaci che ho conosciuto in decenni e decenni di militanza. Con la stima immensa che deriva dalla consapevolezza - che non tutti hanno. Anzi, che hanno ben in pochi - di quanto sia molto più difficile avere coraggio, quando si è intelligenti e, in un certo senso, "arrivati"; quando si ha qualcosa da perdere e la "ragionevolezza" quasi costringe alla "prudenza". Benozzo aveva solo da perdere, assumendo le posizioni che assunse e che ha continuato a rivendicare fino al suo ultimo giorno, ma lo ha fatto lo stesso. 

C'è qualcosa di magico nei nomi propri e nei sostantivi che caratterizzano certe persone. Francesco, da Franco, di fatto, è sinonimo esatto di Libero. Insegnante, etimologicamente, significa "colui che incide" che "lascia un segno", ovviamente, è sottinteso "nella mente". Ecco Benozzo è stato un uomo che, nell'arido terreno in cui tutti siamo costretti a vivere, ha impresso un'orma di libertà. Speriamo che almeno qualcuno continui a seguirla

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