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La sentenza
19 Ottobre 2024 - 05:50
Nel 2020, un macellaio di Parma è morto a causa del Covid-19, e il tribunale ha ora stabilito che la sua morte è da considerarsi un infortunio sul lavoro. La sentenza, emessa dalla giudice Ilaria Zampieri, ha condannato l'Inail a risarcire gli eredi della vittima dopo aver rigettato inizialmente la domanda.
L'uomo, che lavorava in una macelleria di un supermercato, avrebbe contratto il virus durante le sue mansioni. La vicenda è stata portata avanti dalla Cgil e dal patronato Inca, i quali hanno ricostruito dettagliatamente il caso grazie alla consulenza di medici legali e tecnici. Il nesso tra il lavoro e l'infezione è stato dimostrato dal consulente tecnico del tribunale, che ha evidenziato come il contesto lavorativo – un ambiente chiuso con scarsa ventilazione e un'interazione ravvicinata con i clienti – abbia facilitato il contagio.
Durante il periodo del contagio, le misure di sicurezza, come l'installazione delle barriere di plexiglass, non erano ancora state implementate e la distanza tra il macellaio e i clienti era spesso inferiore a quella raccomandata. Il consulente del tribunale ha spiegato che le goccioline respiratorie, i cosiddetti "droplets", possono viaggiare fino a otto metri, rendendo inefficaci le distanze di sicurezza di un solo metro.
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Il tribunale ha quindi stabilito che l'Inail dovrà corrispondere il risarcimento economico agli eredi del macellaio. Questo caso rappresenta un precedente importante per il riconoscimento delle morti da Covid-19 come infortuni sul lavoro, aprendo la strada a ulteriori richieste di indennizzo da parte di familiari di altre vittime del virus.
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