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la tragedia
17 Settembre 2024 - 14:00
Reggio Emilia: muore 23 giorni dopo il parto, medico indagato (foto di repertorio)
Una giovane madre, di soli 36 anni, è deceduta 23 giorni dopo aver dato alla luce la sua secondogenita. Il caso ha sollevato numerosi interrogativi e ha portato all'apertura di un'inchiesta giudiziaria per chiarire le circostanze della morte e le eventuali responsabilità mediche.
La vittima, l'influencer di origini nigeriane Okpanem “Sharon” Enorese, era una donna in salute, piena di vita e di speranze per il futuro. Il parto, avvenuto presso l'ospedale Santa Maria Nuova di Reggio Emilia, sembrava essere andato per il meglio. Tuttavia, pochi giorni dopo, la donna ha iniziato a manifestare sintomi preoccupanti che hanno portato al suo ricovero d'urgenza.
Il 12 agosto, la donna accusa un forte dolore alla testa e si presenta al pronto soccorso, dal quale viene successivamente dimessa. Due giorni dopo, il 14 agosto, si sveglia per allattare la neonata ma, intorno a mezzogiorno, avverte nuovamente un acuto mal di testa. La madre della donna chiama quindi l'ambulanza, che giunge alle 12.48, preleva la ragazza e la porta al pronto soccorso. Alle 15.30 dello stesso giorno, la madre riceve una telefonata con cui le viene comunicato che la figlia versa in gravi condizioni, in stato di coma, e che sarebbe stata necessaria un'operazione al cervello. Il 23 agosto viene dichiarata la morte cerebrale a causa di una repentina "emorragia subaracnoidea". La famiglia, si è rivolta all'avvocato Pina Di Credico, che ha presentato una denuncia, aprendo così la via alle indagini condotte dalla questura. La procura di Reggio Emilia, inizialmente con la dottoressa Denise Panoutsopoulos e successivamente con il dottor Dario Chiari, che ha ereditato il fascicolo, ha quindi avviato un'inchiesta, iscrivendo un medico dell'Arcispedale nel registro degli indagati. Sono stati disposti il sequestro delle cartelle cliniche e della salma, sulla quale è stata eseguita l'autopsia.
«Non vogliamo vendetta, ma solo capire se ciò che è accaduto possa ritenersi un fatto assolutamente imprevedibile e non arginabile con alcun tipo di intervento sanitario oppure se vi fossero, già in occasione del primo accesso in pronto soccorso del 12 agosto, gli elementi per indurre il personale medico ad effettuare degli approfondimenti diagnostici che avrebbero potuto salvarle la vita e che non ci risultano siano stati espletati», fa sapere la famiglia.
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