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italiani arrestati all'estero
24 Aprile 2025 - 16:06
Terrorismo, tradimento della patria, traffico d’armi e associazione a delinquere: sono queste le pesanti accuse che hanno portato il 21 febbraio 2024 all'arresto di Giancarlo Spinelli, classe 1966, nato a Cesena e trasferitosi a Caracas da bambino. Laureato in architettura e impiegato in un piccolo comune, Spinelli è descritto come una persona semplice e benestante, con una passione per le armi che aveva trasformato in un hobby.
Dopo l’arresto, Spinelli è stato rinchiuso nel carcere Helicoide, noto per le condizioni dure e i frequenti episodi di tortura. Nel febbraio 2025 è stato trasferito nel penitenziario Yare III, nello stato del Miranda. La famiglia, attraverso il cugino cesenate che porta lo stesso nome, denuncia una situazione intollerabile: “Giancarlo è innocente. Le accuse sono false. È rinchiuso in un lager dove non ci sono letti e i detenuti subiscono torture sistematiche.” La moglie, Maria Alejandra Portillo, è l’unica persona che riesce a incontrarlo ogni tre mesi per portargli vestiti puliti.
L’Ambasciata e il Consolato italiano a Caracas seguono il caso con la massima attenzione, mantenendo stretti contatti con la famiglia. La moglie e i fratelli si sono affidati a un avvocato venezuelano per cercare di ottenere la liberazione di Spinelli. Tuttavia, le condizioni di salute del detenuto destano preoccupazione: soffre di problemi intestinali e di pressione, e la famiglia teme per la sua vita.
Il Venezuela, sotto il regime socialista di Nicolás Maduro, ha avviato dal luglio 2024 una campagna di repressione che ha portato a oltre 2400 arresti in tutto il Paese. Al 15 gennaio 2025, si contavano ancora 1.687 prigionieri politici, tra cui più di 150 persone con doppia cittadinanza. Sei italiani sono attualmente detenuti, tra cui Alberto Trentini, Biagio Pilieri, Daniel Echanagucia Valenilla e Margarita Assenza.
Marinellys Tremamunno, presidente dell’associazione “Venezuela, la piccola Venezia”, sottolinea la gravità della situazione: “In Venezuela basta poco per finire in prigione. Le famiglie inizialmente non denunciano per paura del regime e delle torture, ma quando vedono che nessuno riesce a fare nulla, denunciano il caso. Le vite degli italiani arrestati sono a rischio.”
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