Recessione o transizione? Oro, mercati e banche ci lanciano un messaggio
I segnali economici globali alimentano incertezze: tra record dell’oro, tensioni commerciali e stime al ribasso, il mondo si interroga sul proprio futuro. Ma è davvero una crisi senza precedenti o un cambiamento di paradigma?
Mentre l’oro vola e le borse oscillano, cresce la sensazione che qualcosa stia cambiando profondamente nel sistema economico globale. Alcuni parlano già di recessione storica, altri invitano a una lettura più ampia: non un crollo, ma una fase di passaggio, forse dolorosa ma inevitabile. Oro in vetta, fiducia in calo Il metallo prezioso per eccellenza ha superato i 3.500 dollari l’oncia, segnando nuovi record. L’oro, da sempre rifugio nei momenti di crisi, oggi riflette un clima di sfiducia generalizzata. Quando investitori e risparmiatori si rifugiano in ciò che considerano stabile, il messaggio è chiaro: c’è paura. I dazi americani: tregua apparente Una “lieve schiarita” nei dazi USA ha offerto un sollievo momentaneo ai mercati, ma secondo Nathan Sheets, capo economista di Citigroup, il peggio deve ancora arrivare. La sua previsione è netta: l’impatto più destabilizzante si vedrà nella seconda metà del 2025, con effetti definiti “stagflazionistici”. In altre parole, inflazione alta e crescita bassa: una combinazione temuta dagli economisti. Il FMI frena l’entusiasmo globale Anche il Fondo Monetario Internazionale lancia l’allarme: la crescita globale stimata si ferma al 2,8%, quella statunitense all’1,8%, con inflazione persistente. Il FMI parla apertamente di rischi per la stabilità finanziaria e indipendenza delle banche centrali sotto pressione. Un quadro che rafforza l’idea di un sistema economico in bilico. Banche centrali sotto accusa A rincarare la dose è Joseph Stiglitz, premio Nobel per l’economia. Secondo lui, la Federal Reserve ha scelto una strategia che potrebbe “portare dritti alla recessione”. Il problema? Aumentare i tassi d’interesse in un contesto in cui l’inflazione non dipende dalla domanda interna, ma da squilibri più profondi. Una scelta che rischia di colpire le fasce più fragili della popolazione. Recessione o passaggio epocale? Molti analisti concordano: i segnali di difficoltà ci sono. Ma non tutti vedono in questo una crisi nel senso tradizionale. C’è chi parla di una “mutazione economica”: un passaggio verso un nuovo ordine, dove i vecchi modelli di crescita sono superati e i nuovi ancora da costruire. A influenzare questo scenario ci sono variabili complesse: la transizione energetica, l’intelligenza artificiale, la ridefinizione delle catene globali, e un clima geopolitico teso, frammentato. Bologna come laboratorio di lettura e risposta Nel cuore di questo scenario, Bologna può diventare uno specchio e un laboratorio. Una città dove la presenza di università, poli culturali, start-up e un tessuto imprenditoriale attento alla transizione rende possibile una riflessione condivisa. Qui si percepisce con lucidità quanto il locale e il globale siano interconnessi. Le famiglie sentono l’inflazione nel carrello, le imprese nei costi energetici, gli studenti nella precarietà. Ma è anche da una città come Bologna che può emergere una nuova lettura del cambiamento, meno legata alla paura e più alla responsabilità. Più che numeri, servono domande In questo contesto, la vera questione non è solo se arriverà una recessione, ma quale ruolo vogliamo avere come cittadini, imprese e istituzioni in questa fase. Siamo pronti ad agire o restiamo spettatori? Ci adattiamo o proviamo a guidare il cambiamento? Conclusione: un tempo da ascoltare Le crisi sono anche momenti di consapevolezza. Ogni dato, ogni previsione, ogni impennata dell’oro o discesa delle borse può essere letta come un invito: uscire dall’emergenza, entrare nella riflessione. Non per paura, ma per prepararsi. Perché il futuro, economico o umano, non arriva mai per caso.
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