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I cervelli continuano a fuggire, e l'Italia perde 134 miliardi

Un costo sociale ed economico senza precedenti, ma c’è chi ancora ignora il problema

I cervelli continuano a fuggire, e l'Italia perde 134 miliardi

L'Italia sta pagando a caro prezzo la cosiddetta "fuga dei cervelli". Negli ultimi tredici anni, il Paese ha visto emigrare circa 550.000 giovani di età compresa tra i 18 e i 34 anni, con una perdita di capitale umano stimata in 134 miliardi di euro. Ma i numeri potrebbero essere ancora più allarmanti, secondo Luca Paolazzi, direttore scientifico della Fondazione Nord Est, che ha presentato uno studio al Cnel: "Il deflusso reale è tre volte più grande e alimenta la competitività e la crescita degli altri Paesi europei".

Questi dati rivelano un problema sistemico: l’Italia si colloca all'ultimo posto in Europa per capacità di attrarre giovani talenti. Rispetto ad altri Paesi europei, dove la mobilità dei giovani professionisti è vista come una risorsa, l’Italia si ritrova esclusa dal circolo virtuoso della “circolazione dei talenti”. Paolazzi sottolinea: “Continuare a cullarsi nella favola che l'Italia faccia parte di questa circolazione significa ignorare la dura realtà della nostra bassa attrattività”.

Questa emorragia di giovani lavoratori ha un impatto diretto sull'economia italiana, rendendo sempre più difficile per le imprese trovare personale qualificato. Inoltre, la disconnessione tra domanda e offerta di competenze continua ad accentuarsi, aggravando la situazione occupazionale.

Con solo il 6% di giovani europei che scelgono l'Italia come destinazione, il Paese si trova molto indietro rispetto alla Svizzera (43%) e alla Spagna (32%). Le ragioni che spingono i giovani italiani ad andarsene sono molteplici: il 25% cerca migliori opportunità lavorative, il 19,2% emigra per studio, e il 17,1% cerca una qualità della vita superiore. Per il 10%, invece, la motivazione principale è un salario più elevato.

Questi numeri sono particolarmente preoccupanti per il Nord Italia, dove il 35% dei giovani è pronto a fare le valigie. Il rapporto mostra anche che quasi l'80% degli expat è occupato, rispetto al 64% di chi è rimasto in Italia. Renato Brunetta, presidente del Cnel, ha definito questa crisi “una vera e propria emergenza nazionale”. "La mancanza di giovani qualificati sta diventando un ostacolo insormontabile per il futuro del Paese. Le imprese, la pubblica amministrazione e la società civile stanno soffrendo a causa di questa emorragia. L'indifferenza e l'immobilismo sono inaccettabili", ha dichiarato Brunetta.

Uno dei motivi principali della fuga dei cervelli è la carenza di profili tecnici in Italia. Paradossalmente, il 58,2% degli italiani che vanno a lavorare all'estero occupa posizioni che in Italia sono difficili da coprire, come quelle nei servizi qualificati, nelle professioni tecniche e tra gli operai specializzati. Ma la decisione di emigrare non è dettata solo da ragioni economiche. Il benessere percepito, la qualità della vita e la visione del futuro sono fattori cruciali per molti expat, il 33% dei quali non intende tornare in Italia. Solo il 16% prevede un ritorno, principalmente per motivi familiari. Un dato significativo è che l'87% degli espatriati giudica positivamente la propria esperienza all’estero.

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