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Disparità salariali tra Nord e Sud Italia: una realtà persistente

I lavoratori del settore privato del Nord guadagnano mediamente il 50% in più rispetto ai loro omologhi del Sud

Disparità salariali tra Nord e Sud Italia: una realtà persistente

Immagine di repertorio

Le disparità salariali tra Nord e Sud Italia non rappresentano soltanto una questione numerica, ma rispecchiano una complessa realtà economica e sociale. Nonostante l'eliminazione delle gabbie salariali negli anni Settanta, le differenze retributive tra le varie regioni del Paese rimangono sostanziali. Un'analisi dell'ufficio studi della CGIA evidenzia come, nel 2023, i lavoratori del settore privato del Nord guadagnino mediamente il 50% in più rispetto ai loro omologhi del Sud.

Milano si conferma il principale polo economico del Nord Italia, con una retribuzione mensile media di 2.642 euro, la più elevata del Paese. Seguono Monza-Brianza con 2.218 euro e le province situate lungo la Via Emilia, come Parma (2.144 euro), Modena (2.129 euro) e Bologna (2.123 euro). Questi dati non solo sottolineano la robustezza economica del Nord, ma anche la presenza di grandi aziende e multinazionali che offrono salari più alti rispetto alle piccole e medie imprese. In contrasto, la situazione nel Sud Italia appare decisamente meno favorevole. La provincia di Chieti, al 55º posto nella classifica nazionale, rappresenta la prima realtà meridionale con una retribuzione media di 1.598 euro. Trapani, Cosenza e Nuoro si collocano negli ultimi posti, con stipendi che non superano i 1.143 euro. Vibo Valentia, con una media di soli 1.030 euro, detiene il primato negativo a livello nazionale.

Immagine variegata quella del Piemonte. Torino, con una retribuzione media di 2.033 euro, si classifica ottava a livello nazionale, seguita da Novara e Biella. Tuttavia, il Verbano-Cusio-Ossola (VCO) chiude la classifica regionale con 1.594 euro, riflettendo la diversità economica e industriale del territorio. Ma quali sono le cause di queste differenze? La relazione della CGIA sottolinea che il costo della vita e la produttività, entrambi superiori al Nord, giocano un ruolo determinante. Inoltre, la maggiore diffusione dei contratti a termine nel Mezzogiorno e la concentrazione di grandi gruppi industriali e finanziari al Nord contribuiscono a tali discrepanze.

Nonostante un'inflazione che ha superato il 5,7% nel 2022, il monte salari lordo ha registrato un incremento del 3,5%, evidenziando un divario tra crescita salariale e aumento del costo della vita. In questo contesto, la tredicesima rappresenta un sollievo economico per molti lavoratori. Introdotta nel 1960, questa gratifica natalizia è leggermente inferiore allo stipendio ordinario a causa della maggiore tassazione. Quest'anno, inoltre, 4,6 milioni di lavoratori con redditi inferiori a 28.000 euro e almeno un figlio a carico hanno ricevuto un bonus una tantum di 100 euro, un piccolo ma significativo aiuto in un periodo di difficoltà economica. Nonostante le avversità, le piccole e medie imprese (PMI) sembrano resistere. A differenza delle crisi passate, quest'anno non si registrano ritardi rilevanti nel pagamento della tredicesima, anche nei settori più colpiti dal rallentamento produttivo. Tuttavia, molte PMI hanno scelto di sospendere l'attività durante le festività natalizie, permettendo ai dipendenti di usufruire delle ferie accumulate.

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