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FOOD & GIUDIZIARIA
13 Febbraio 2025 - 08:10
Erbazzone (fonte: Instagram)
La battaglia legale che ha diviso l’Emilia-Romagna e infiammato il dibattito sulla tutela delle tradizioni culinarie è pronta a vivere un nuovo capitolo. Dopo il pronunciamento del TAR del Lazio, ora è il Consiglio di Stato a dover decidere il destino dell'erbazzone, la celebre torta salata emiliana a base di bietole, spinaci, cipolle e formaggio. Ma dietro questa disputa non si nasconde solo una questione gastronomica: la posta in gioco riguarda l’identità territoriale, la protezione del patrimonio culinario e il peso della burocrazia sulle eccellenze locali.
Al centro dello scontro c’è il riconoscimento dell’Indicazione Geografica Protetta (IGP) per l’erbazzone reggiano, un marchio che garantirebbe la tutela del prodotto e ne proteggerebbe la denominazione dalle imitazioni. L'Associazione Produttori Erbazzone Reggiano sostiene che questo riconoscimento sia fondamentale per preservare l’autenticità della ricetta e il legame con la tradizione. Dall’altro lato, le autorità regolatorie pongono l'accento sui rigidi criteri richiesti per ottenere l'IGP, che impongono precisi vincoli produttivi e territoriali.
La vicenda ha già avuto un passaggio cruciale nel giugno 2024, quando la società piemontese Sfoglia Torino Srl, proprietaria del marchio Righi, ha impugnato il provvedimento ministeriale che concedeva l'IGP all'erbazzone reggiano, sostenendo che la limitazione geografica alla sola provincia di Reggio Emilia fosse restrittiva e penalizzante. Il TAR del Lazio ha però respinto il ricorso all’inizio del 2025, confermando la validità della denominazione e rafforzando la tutela della tradizione locale.
Nonostante la sconfitta in tribunale, Sfoglia Torino non ha rinunciato alla battaglia e ha presentato ricorso al Consiglio di Stato, cercando di ribaltare il verdetto. La decisione attesa potrebbe avere conseguenze ben oltre l’erbazzone: una sentenza a favore del riconoscimento IGP rafforzerebbe la tutela dei prodotti tipici italiani, mentre un esito contrario potrebbe rendere più difficile per altre eccellenze locali ottenere protezioni simili.
Oltre alla vicenda specifica, la disputa solleva una questione più ampia: come difendere le tradizioni culinarie italiane senza ostacolare la loro diffusione? È giusto che un prodotto storico venga tutelato con regole rigide o si rischia di mettere paletti troppo stringenti in un mercato sempre più globalizzato?
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