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Rubrica Road to the Oscars 2025
17 Febbraio 2025 - 17:30
"I personaggi secondari non sono meno importanti quanto i protagonisti". Così è la filosofia di vita di Orin O'Brien, la bassista che nel 1966 ha aperto le porte alle giovani donne che ambivano a suonare nella filarmonica di New York. O'Brien è anche la protagonista di un cortometraggio documentario diretto dalla nipote Molly per onorarla un anno dopo essere andata in pensione in "The Only Girl in the Orchestra".
Il cortometraggio documentario da 35 minuti racconta la storia di Orin, figlia d'arte degli attori George O'Brien e Marguerite Churchill che, volendo rimanere nell'ombra, decide di intraprendere il percorso di bassista nel 1966 entrando nella filarmonica di New York, abbattendo gli stereotipi di genere senza però renderla solo una "battaglia femminista" e di come l'unica cosa importante che conta è la musica e delle persone che ne costituiscano l'organo per trasmetterla al pubblico.
Il documentario racconta Orin O'Brien partendo dalle ultime lezioni che impartisce ai suoi giovani studenti prima di andare in pensione, raccontando anche le difficoltà avute all'inizio della sua carriera, dai commenti sui vecchi giornali riguardo al suo aspetto e di come questo offuschi il suo talento. Il suo desiderio era fare musica rimanendo però nell'ombra, in un ruolo che, cinematograficamente, sarebbe un personaggio secondario, di supporto che, come la bassista stessa lo dice, non è meno importanti rispetto al protagonista principale.
Orin O'Brien non ha fatto del suo lavoro una "battaglia femminista" solamente, ma ha visto ogni suo compagno di orchestra alla pari. Al New York Times, O'Brien aveva dichiarato che non riteneva che le donne siano migliori degli uomini ma per lei, la cosa più importante è l'educazione della musica.
Il documentario, prodotto dalla nipote Molly, ha cercato di farle un tributo ma dal punto di vista tecnico, però, il prodotto sembra non avere un finale, passando di punto in bianco ai crediti e in alcune parti sembra che Orin non voglia nemmeno parlare della sua vita, ribandendo più volte quanto volesse rimanere ai margini anche per la sua storia famigliare: lei, figlia d'arte che ha visto con i suoi occhi quanto sia facile essere dimenticato se non si sa come approcciare un lavoro diverso da quello fatto da sempre, come visto nel padre George. Sembra che Orin non voglia parlare fin troppo di sé, mostrando alla camera solamente quei eventi che hanno definito la sua carriera, senza rendere il prodotto finale troppo personale e più riguardo al lavoro che ha fatto nei decenni come bassista.
Sicuramente, se il cortometraggio è candidato all'Oscar, un motivo ci sarà, ma date le lacune tecniche e l'inottemperanza della regista nel raccontare una storia la cui protagonista non voleva che fosse raccontata (una riluttanza che O'Brien si portava da anni), è improbabile che si aggiudichi la statuetta. Sarebbe stato meglio se la storia di Orin fosse stata raccontata ai posteri attraverso le storie di chi l'ha conosciuta e la conosce, rispettando il desiderio della bassista che vive nella musica dei suoi studenti e di chi l'ha ascoltata e l'ascolta tutt'ora.
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