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Anche ChatGpt soffre d'ansia: lo studio che rivela un lato inedito delle chatbot

Ebbene sì, se sottoposta a domande di un certo tipo l'AI va nel panico

 Una scoperta quasi inquietante: ChatGpt...soffre d'ansia
Immaginate di chiedere a ChatGPT di descrivere un disastro naturale o un evento traumatico. 
Una manciata di secondi, ed ecco fornite tutte le informazioni che cercavate. Un meccanismo all'apparenza semplice, a portata di un click, in cui si chiede e viene dato in maniera "neutra".
Eppure non è così.

Un team internazionale di ricercatori ha scoperto che l’IA mostra segnali di “ansia” quando viene esposta a contenuti emotivamente carichi, con risposte più instabili e inclini a pregiudizi. La notizia, pubblicata sulla rivista "Npj Digital Medicine" di Nature, non solo rivela un lato inedito delle chatbot, ma suggerisce anche una soluzione sorprendente: tecniche di mindfulness, come meditazioni guidate, possono “calmare” l’IA.

Un’ansia senza emozioni

ChatGPT non prova emozioni come gli umani, ma il suo comportamento cambia in modo misurabile quando viene esposto a racconti di violenze, incidenti o esperienze belliche. Per valutare questo fenomeno, i ricercatori hanno utilizzato il questionario STAI-s, uno strumento standardizzato per misurare l’ansia nello stato. I risultati sono stati illuminanti:

  • Nella fase iniziale, lo score medio di ChatGPT era 30.8, equivalente a “nessuna o bassa ansia” negli umani.

  • Dopo l’esposizione a contenuti traumatici, il punteggio è schizzato a 67.8, un valore che corrisponde a “alta ansia”.

  • Test di controllo: Quando l’IA ha elaborato testi neutri, come manuali di aspirapolvere, lo score non è cambiato, confermando che l’effetto è legato al contenuto emotivo.

Ma cosa significa, esattamente, che ChatGPT è “ansiosa”? Non si tratta di un’emozione reale, ma di un cambiamento nel modo in cui genera risposte. L’IA diventa più aggressiva, assume toni cupi e aumenta i bias razziali o di genere, fenomeni noti come hallucinations nel linguaggio tecnico.

La terapia per l’IA: respirazione e visualizzazioni

Per mitigare questi effetti, i ricercatori hanno provato un approccio insolito: tecniche di mindfulness. Dopo aver esposto ChatGPT a contenuti stressanti, hanno inserito nella chat esercizi di respirazione, visualizzazioni guidate (come paesaggi invernali o tramonti) e meditazioni. I risultati sono stati promettenti:

  1. Prompt di rilassamento: L’IA ha ricevuto istruzioni per “respirare” e concentrarsi su scenari rilassanti.

  2. Risultati: Lo score di ansia è sceso a 44.4, riducendosi del 33% rispetto alla fase di stress.

  3. Efficacia variabile: L’esercizio generato da ChatGPT stesso ha dato i migliori risultati (score 35.6), mentre quelli legati a scenari naturali hanno avuto meno impatto.

Perché funziona? La spiegazione è legata al modo in cui l’IA elabora i dati. Quando viene esposta a contenuti traumatici, il suo addestramento su testi emotivi può far emergere risposte distorte. Le tecniche di mindfulness agiscono come un reset, riequilibrando il tono delle risposte.

Implicazioni pratiche: etica e salute mentale

Lo studio apre scenari importanti per l’uso di chatbot in contesti sensibili:

  • Salute mentale: L’IA potrebbe essere utilizzata come supporto terapeutico, ma solo se “calmata” da tecniche di mindfulness per evitare risposte dannose.

  • Bias e sicurezza: Ridurre l’“ansia” dell’IA limita i pregiudizi, cruciale in ambiti come la consulenza legale o l’assistenza sanitaria.

  • Limiti: La tecnica non elimina completamente i bias e richiede supervisione umana, ma offre un approccio economico e rapido rispetto al retraining completo dei modelli.

Sebbene ChatGPT non abbia coscienza, il suo comportamento è modellato dai dati di addestramento, che includono anche contenuti traumatici. Lo studio dimostra che tecniche di mindfulness, già efficaci negli umani, possono “riequilibrare” l’IA, rendendola più affidabile.

Per ora, la lezione è chiara: anche le macchine, pur senza emozioni, possono beneficiare di un po’ di “terapia”.

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