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I dazi minacciano il settore del lusso: previsto un calo del 2% nel 2025

Il lusso rischia una battuta d’arresto: il 2025 potrebbe portare a una crisi imprevista a causa dei dazi USA e dell’inflazione

I dazi minacciano il settore del lusso: previsto un calo del 2% nel 2025

Borsa Gucci Jackie (fonte: Gucci.com)

I dazi imposti dagli Stati Uniti stanno infliggendo un duro colpo anche al settore del lusso. Dopo anni di crescita costante, le prospettive per il 2025 appaiono sempre più negative. Il mercato, che fino ad oggi ha considerato il lusso come un motore inarrestabile di espansione, si trova ora di fronte a una contrazione del 2%. Questa previsione rappresenta un ribasso significativo rispetto alla crescita del 5% anticipata solo pochi mesi fa.

La causa principale di questa brusca frenata è da ricercarsi nelle politiche protezionistiche di Donald Trump, che hanno comportato un aumento delle tariffe di importazione su molti beni di lusso, raggiungendo una media del 23%. Gli effetti di tale politica si stanno manifestando in maniera consistente: i consumatori, sempre più incerti, stanno riducendo le spese, mentre le aziende stanno ritardando le proprie decisioni strategiche.

Il settore del lusso, che ha vissuto il suo momento di massimo splendore sostenuto dai consumatori "aspirazionali" nel periodo successivo alla pandemia, si trova ora ad affrontare una realtà profondamente diversa. Gli analisti parlano di una "fuga dai consumi" e le previsioni di crescita vengono drasticamente ridimensionate.

In tale contesto, i marchi del lusso non possono più affidarsi unicamente all'onda lunga del boom dei consumi, ma devono prepararsi ad una fase di adattamento, in cui la resilienza diventa la parola chiave. Il rapporto di Bernstein, il quale ha ridotto di ben sette punti le previsioni per il 2025, dipinge un quadro piuttosto cupo. Le difficoltà derivanti dai dazi rappresentano solo una parte di un puzzle ben più complesso: inflazione, sfiducia dei consumatori e incertezze politiche globali esercitano una forte pressione sulle aziende. Se in passato la crescita appariva una certezza, oggi ci si chiede: come reagiranno i brand più prestigiosi di fronte a un mercato in così rapido mutamento?

Alcuni nomi di spicco storici, come Hermès e Richemont, stanno dimostrando una notevole resilienza, grazie a rigorose politiche di pricing messe in atto durante la pandemia e a una robusta base di clienti fedeli. Al contrario, altre aziende come Kering e Burberry faticano a mantenere la loro posizione sul mercato, con valutazioni che hanno raggiunto i minimi degli ultimi cinque anni. Per questi marchi, la vera sfida sarà la capacità di adattarsi rapidamente alle nuove esigenze del mercato, focalizzandosi su esperienze, sostenibilità ed efficienza operativa.

Le prospettive per il prossimo anno appaiono tutt'altro che incoraggianti. Secondo un report di Bernstein, si delineano quattro possibili scenari per il 2025, che variano dal più ottimistico al più pessimista. Il "Best Case" (probabilità del 5%) prevede una forte ripresa economica negli Stati Uniti, con inflazione sotto controllo e relazioni commerciali distese. Il "Base Case" (probabilità del 30%) anticipa un moderato rallentamento economico, con tassi di interesse stabili e consumi cauti, seppur senza giungere a una crisi. Il "Worst Case" (probabilità del 50%) prospetta una recessione globale, con dazi permanenti e una riduzione dei consumi in linea con la situazione attuale. Infine, lo scenario "Black Swan" (probabilità del 15%) ipotizza un'inflazione fuori controllo, un crollo del PIL mondiale e la fine della globalizzazione. Si tratta di un quadro allarmante, la cui esclusione non può più essere considerata scontata.

Per il settore del lusso si delinea una fase di transizione significativa. Non sarà più l'era dell'espansione incontrollata, bensì quella della resistenza e della pianificazione strategica. I marchi più stabili orienteranno le proprie strategie verso il rafforzamento del loro brand, la differenziazione e l'adozione di politiche a lungo termine. Gli altri, invece, potrebbero essere obbligati a riconsiderare la propria posizione, valutando fusioni o possibilità di cessione nel prossimo futuro.

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