Alberi abbattuti e silenzi istituzionali: Viale Oriani e il caso che Bologna non vuole vedere
Quando la trasformazione urbana si consuma nel silenzio delle risposte mancate e nel vuoto della trasparenza amministrativa
di Lilia Casali – Animal Liberation
A Bologna si sta consumando, quasi in sordina, un episodio che solleva interrogativi ben più ampi della sorte di otto pini. Si tratta di una vicenda emblematica, che mette in discussione il concetto stesso di amministrazione pubblica e la relazione tra cittadini, territorio e istituzioni.
Non è una questione di bandiere politiche, ma di competenza, trasparenza e soprattutto di etica. L’etica di chi ricopre ruoli pubblici, ma è prima di tutto una persona, con una propria coscienza. I fatti: otto pini in viale Oriani, alberi alti, verdi, apparentemente sani, con radici non sollevate dal suolo, sono stati segnati per l’abbattimento. Cartelli apparsi davanti ai tronchi ne annunciano la rimozione, ma senza alcuna indicazione delle motivazioni. Una condanna definitiva, senza processo e senza possibilità di difesa. Nessuna ordinanza affissa. Nessun atto giustificativo disponibile in Albo Pretorio. L’avvocata Luisella Matricardi, delegata della Lega Abolizione Caccia (LAC), ha cercato tra gli atti comunali. L’unico documento rintracciabile è la determinazione PG 174997/2025. Un atto tecnico che si limita a regolare l’occupazione del suolo pubblico per l’allestimento del cantiere e le misure di sicurezza: nessun riferimento alle condizioni fitosanitarie degli alberi, nessuna motivazione agronomica, nessuna relazione tecnica allegata. In passato, in casi analoghi, il Comune affiggeva l’ordinanza vera e propria. Oggi, solo istruzioni su come allestire il cantiere. E così, l’abbattimento diventa non solo esecutivo ma anche ineccepibile, nel senso peggiore del termine: nulla si può impugnare, perché nulla viene comunicato ufficialmente nei tempi utili per agire. Ma quanto incide oggi il ruolo istituzionale sulla ragione, sull’etica e sulla responsabilità verso il territorio? La firma dell’atto è quella dell’ingegner Cleto Carlini, noto per aver dichiarato in un precedente caso che “Noi del Comune non abbiamo la competenza per valutare le competenze dei tecnici delle ditte alle quali riconosciamo le competenze…”. Una dichiarazione che solleva inquietudini legittime: se il Comune non valuta i propri fornitori, chi lo fa? Se nessuno controlla la qualità delle decisioni tecniche, quale garanzia ha la cittadinanza? Il punto non è solo il destino di otto alberi, ma il modello di gestione pubblica che si sta affermando: decisioni unilaterali, atti oscuri, tempistiche che impediscono ogni forma di partecipazione o opposizione. Un modello contrario a quanto previsto dalla normativa vigente. La Legge 241/1990 – fondamento della trasparenza amministrativa – afferma all’articolo 1 che "l'attività amministrativa persegue i fini determinati dalla legge ed è retta da criteri di economicità, efficacia, imparzialità, pubblicità e trasparenza." In questa vicenda, quei criteri sembrano assenti. E che fine hanno fatto i Criteri Ambientali Minimi (CAM)previsti dal Ministero dell’Ambiente per la gestione del verde urbano? Dove sono le valutazioni VTA (Visual Tree Assessment), necessarie per accertare la stabilità di un albero e affidate a professionisti con competenze certificate? È stata fatta una valutazione da parte di agronomi terzi? Esistono perizie documentate?
Se ci sono cittadini esperti ascoltiamo anche il loro parere. Grazie
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