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L'Emilia-Romagna sfida il decreto Sicurezza: pronta al ricorso alla Consulta
Prima Regione in Italia a prendere posizione contro il provvedimento del Governo Meloni.

Preoccupazioni per la libertà di manifestazione e il futuro della canapa industriale

Meloni

Decreto Sicurezza

La Regione Emilia-Romagna, prima in Italia, si prepara a presentare ricorso alla Corte costituzionale contro il decreto Sicurezza voluto dal Governo Meloni, una volta che il testo sarà definitivamente convertito in legge.
Lo stabilisce la risoluzione proposta da Alleanza Verdi e Sinistra (Avs), approvata ieri sera dall'Assemblea legislativa regionale. «Abbiamo chiesto a livello nazionale che anche le altre Regioni ci seguano su questo cammino», ha dichiarato Paolo Burani, consigliere regionale Avs, che ha rilanciato la battaglia insieme alla capogruppo Simona Larghetti.
Tra gli effetti più discussi del decreto, i timori di repressione delle manifestazioni e l’eliminazione della filiera della canapa industriale, compresa quella tessile, come evidenziato da Luca Marola, portavoce dei coltivatori e commercianti di cannabis light:
«La pianta arriva a maturazione solo con la fioritura. Vedremo quanti produttori avranno il coraggio di rischiare ancora».
«Bene che l’Emilia-Romagna sia la prima a ricorrere», ha aggiunto Marola, sottolineando che la canapa è parte della storia del territorio.
Sotto accusa anche l'impatto sul settore della cannabis light:
«Dalla sera alla mattina, 2.000 aziende agricole e oltre 2.000 attività commerciali sono diventate, di fatto, narcotraffico», denuncia Marola, pur in assenza di effetti droganti nel prodotto.
«Il disprezzo per 20.000 lavoratori in tutta Italia, e altri nell’indotto, si nota anche dal fatto che non è stato previsto nemmeno lo smaltimento delle scorte».
In Emilia-Romagna operano attualmente tra le 60 e le 80 attività specializzate nella vendita di cannabis light, cui si aggiungono decine di aziende agricole che la producono insieme ad altri prodotti.
Ma il decreto solleva preoccupazioni più ampie, come ricorda Larghetti:
«Sono tanti gli aspetti che ci preoccupano. Per fortuna c’è una rete che ha detto no, con tante realtà, da Amnesty International in giù».
Per Martina Solidoro, attivista della rete contro il decreto, è «fondamentale che da qui parta un’azione contro l’intero provvedimento e contro la deriva autoritaria del Governo».
Dura anche la posizione di Isabella Pavolucci della Cgil regionale:
«Con questo decreto legge, il Governo ha fatto una scelta inaccettabile. La repressione sarà usata anche contro le proteste sindacali, che in questa regione hanno permesso di salvare posti di lavoro».
 
 

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