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ALLUVIONE
19 Settembre 2024 - 09:26
Non c’è pace per la Romagna. Le immagini dell’anno scorso, con 45mila sfollati e intere comunità devastate, sono ancora troppo fresche nella memoria di chi, oggi, si ritrova di nuovo sotto scacco del maltempo. Eppure, come fa notare Irene Priolo, presidente facente funzioni della Regione Emilia-Romagna, non è il momento dei paragoni: “La situazione è drammatica,” dice senza giri di parole. E chi ha vissuto quegli inferni sa bene che quando si parla di dramma, si parla di vita.
Ancora una volta, si combatte contro l’acqua che scava solchi nella terra, spezza vite e speranze. “Abbiamo almeno 500 volontari attivi,” continua Priolo, e lo dice con la forza di chi sa che quei 500 sono scudi fragili, ma preziosi. I vigili del fuoco, operativi senza sosta, fanno quello che possono: salvare quel che resta, proteggere chi ancora spera di sfuggire al fango. E mentre l’allerta continua, la popolazione non può fare altro che guardare il cielo e chiedersi: “Fino a quando?”
Non solo la Romagna è in ginocchio. Anche le Marche combattono la loro guerra contro un nemico che non dà tregua. Stamane, ad Ancona, il torrente Aspio ha deciso che le sue sponde non bastavano più. È straripato, come fanno i torrenti quando l’uomo dimentica che la natura non si addomestica. Le strade di San Biagio sono state chiuse, altrettanto è accaduto per le vie dell’Aspio, mentre il traffico si arrende e gli automobilisti si ritrovano a vagare tra deviazioni che portano solo a nuove trappole di fango.
In qualche modo, tutto sembra ripetersi, sempre uguale: i nomi delle strade, dei torrenti cambiano, ma il copione resta lo stesso. Via Primo Maggio, bloccata. La provinciale da Pesaro, chiusa. Ancona si frantuma in pezzi di territorio inaccessibili: Paterno è un’isola, raggiungibile solo dai più temerari. E poi le frane, quelle che non avvisano mai, ma ti aspettano al varco. Agugliano, Casine, Ponterotto: tutti luoghi che suonano come nomi di battaglie perse.
Dalle Marche all'Emilia, il conto delle vite salvate continua a crescere. Ma nessuno si illude: questi numeri non raccontano vittorie, raccontano solo il disperato tentativo di limitare i danni. 300 soccorsi in una notte, è questo il ritmo della tragedia. Ad Ascoli Piceno, Ponterotto è stata teatro di una lunga battaglia contro l’acqua e il fango. Gli automobilisti, bloccati sulla SP36, hanno visto la loro macchina trasformarsi in trappola. Ma il peggio si evitava, almeno per stanotte.
I vigili del fuoco non si fermano mai. Le loro mani, scure di fango, sono diventate il simbolo di una resistenza ostinata. Da Cupra Marittima a Grottammare, i soccorsi per allagamenti si susseguono senza fine. E poi, in piena notte, le evacuazioni: a Osimo, sei famiglie sono state strappate alle loro case in via Montecesa, dove una frana minacciava di cancellare tutto.
A Pesaro, il torrente Arzilla ha fatto la sua parte, interrompendo la viabilità sulla SP 144. E mentre i soccorritori arrivano da ogni angolo del paese – Lombardia, Toscana, Campania – si fa sempre più evidente che stiamo combattendo una guerra impari. Una guerra contro un avversario che conosciamo fin troppo bene, ma che, ogni volta, ci coglie impreparati.
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