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Shein e il greenwashing: la sostenibilità non si veste di marketing

Si può chiamare “sostenibile” un modello di business basato sulla produzione massiccia, in tempi record, e a costi ridicoli?

Shein e il greenwashing: la sostenibilità non si veste di marketing

Siamo tutti un po’ eco, almeno finché ci piace essere raccontati così. E su questo Shein, il colosso cinese del fast fashion, sembra aver costruito una narrazione di sostenibilità che ora traballa sotto i riflettori dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM). L’accusa? Un greenwashing in piena regola. La traduzione spicciola è: raccontare favole di circolarità, consumo responsabile e decarbonizzazione, quando la realtà sembra meno virtuosa.

L’Antitrust ha aperto un’istruttoria per verificare se le dichiarazioni verdi che campeggiano sul sito italiano di Shein siano più marketing che sostanza. Le sezioni incriminate, come #SHEINTHEKNOW, ‘evoluSHEIN’ e ‘Responsabilità sociale’, sfoggiano parole chiave che fanno sentire i consumatori al sicuro: sostenibilità, circolarità, qualità dei prodotti. Ma come dice il proverbio, non è tutto oro quel che luccica.

Il caso ‘evoluSHEIN’ e il dilemma delle fibre “green” Prendiamo la collezione ‘evoluSHEIN’, venduta come sostenibile. Già, ma quanto davvero? L’Antitrust punta il dito sulla mancanza di trasparenza: ok, parliamo di fibre green, ma quante? E soprattutto, quanto sono riciclabili i capi che acquistiamo con la coscienza pulita? Shein non sembra troppo generoso di dettagli, e questo è il problema. Nel mare magnum delle buone intenzioni, le informazioni scarseggiano, e qui scatta il meccanismo della percezione ingannevole.

Se a tutto questo aggiungiamo che Shein ha un modello di business basato sul “fast fashion” – o meglio “ultra fast fashion” – i conti sulla sostenibilità proprio non tornano. L’Antitrust sottolinea che questo sistema produce un “consistente incremento delle emissioni di gas serra”. E infatti, mentre la piattaforma si vanta di fare la sua parte nella decarbonizzazione, i numeri parlano chiaro: le emissioni sono in crescita, non in calo. Una contraddizione non da poco.

Marketing o vera responsabilità? Il cuore della questione è tutto qui: si può chiamare “sostenibile” un modello di business basato sulla produzione massiccia, in tempi record, e a costi ridicoli? L’AGCM sembra avere i suoi dubbi, e lo stesso Roberto Rustichelli, presidente dell’Antitrust, ha sottolineato che la sostenibilità “non può essere una semplice etichetta di marketing”. Ecco il punto: il green non è una strategia per vendere di più, è un impegno serio e concreto, che non si esaurisce in una campagna pubblicitaria accattivante.

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