La disfunzione erettile dilaga, eppure nessuno ne parla. O meglio, in pochi osano farlo. Sono numeri da incubo quelli rivelati dalla Società Italiana di Andrologia (SIA), che segnano un declino silenzioso della virilità, un tabù sociale che cresce nell’ombra e che oggi reclama attenzione, senza appello.
Oggi, 11 novembre, in occasione della prima Giornata Nazionale per la Salute dell’Uomo, si tenta, seppur tardivamente, di affrontare un fenomeno che affligge milioni di uomini in Italia, in un silenzio imbarazzato e colpevole. Secondo la SIA, ben il 13% degli uomini adulti, circa tre milioni, è affetto da disturbi legati all’erezione. La cifra non è solo spaventosa, è indicativa di un malessere che va ben oltre il corpo: riguarda l’identità, la dignità, la percezione di sé. La fascia di età più colpita? Tra i 40 e i 70 anni, dove 1 uomo su 2 vive con disfunzioni erettili, lievi o gravi. Ma i numeri non raccontano la verità completa. C’è di più. C’è una verità che fa paura, che non si vuole sentire, ma che esiste e che sta diventando troppo evidente per essere ignorata.
È questa la realtà. Una realtà che si fonda sull’ignoranza, sul silenzio, sull’incapacità di un intero genere di affrontare la propria debolezza. "Scarsa informazione", dicono gli esperti. Ma è più di questo: è un’incapacità culturale di affrontare un tema che mette a nudo, che rivela fragilità, che scoperchia il mito dell’invincibilità maschile. Nessun uomo, o quasi, si fa vedere da un andrologo prima dei 20 anni. Meno del 5%, dicono i dati. Un dato vergognoso. Eppure, il 30-40% dei ragazzi tra i 16 e i 18 anni ha già problemi andrologici. Ma la visita andrologica? Un miraggio, un tabù che persiste, alimentato dalla vergogna e da quella cultura che non permette agli uomini di essere vulnerabili. La virilità non ammette debolezze, eppure qui ci troviamo, a dover fare i conti con una crisi che nessuno sa affrontare.
La Giornata Nazionale per la Salute dell’Uomo arriva troppo tardi. Una iniziativa che, purtroppo, rischia di restare solo una dichiarazione di intenti. Certo, la campagna lanciata dalla SIA nel 2023, con il sostegno del Ministro della Salute Orazio Schillaci e l’appoggio di partner istituzionali come l’Esercito Italiano e la Croce Rossa, è lodevole. Ma è solo una goccia nell’oceano di una disinformazione che persiste, alimentata da un’omertà che colpisce la salute maschile. Si fa fatica a parlarne, a chiedere aiuto, a essere “uomini” anche quando si sta male. Si preferisce soffrire in silenzio, senza mai alzare la voce.
"La prevenzione è essenziale", ribadisce Alessandro Palmieri, presidente della SIA, ma in Italia la cultura della prevenzione è quasi sconosciuta. Eppure, la diagnosi precoce potrebbe salvare milioni di uomini, non solo fisicamente, ma anche psicologicamente. Perché il corpo ferito porta con sé una ferita ben più profonda: quella dell’anima. La salute maschile non può essere un argomento da evitare, da tenere nascosto tra le pieghe di un abito troppo stretto. Parlarne non è solo una necessità medica, è una necessità sociale. Gli uomini devono imparare a vedersi, a riconoscere la propria fragilità, e a chiedere aiuto. Solo così si potrà invertire la rotta. Solo così la Giornata Nazionale per la Salute dell’Uomo non diventerà solo una ricorrenza di circostanza. Ma una vera e propria chiamata alle armi. Perché, se non ora, quando?