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La protesta di Bologna contro il sistema carcerario: "Non possiamo più contare i morti"

Tra i partecipanti alla manifestazione c'è anche l'attore bolognese Alessandro Bergonzoni

La protesta di Bologna contro il sistema carcerario: "Non possiamo più contare i morti"

Interni carcere della Dozza

Con un colpo deciso, il Comune di Bologna si fa portavoce di una battaglia che ha sollevato indignazione nelle piazze italiane: una condizione di sovraffollamento insostenibile e di violazioni sistemiche dei diritti umani nelle carceri italiane. È il 27 novembre quando la città scende in piazza Lucio Dalla per mobilitarsi contro la situazione nelle prigioni, che da troppo tempo registra numeri drammatici: 84 suicidi dall'inizio dell'anno e una popolazione carceraria che supera di gran lunga la capienza regolamentare.

"Non basta più il lavoro istituzionale che abbiamo fatto in questi due anni, né le visite nelle carceri, né i dibattiti nelle sedi ufficiali", esordisce l'assessore al Welfare, Luca Rizzo Nervo. Con una determinazione che non lascia spazio a fraintendimenti, l’assessore evidenzia come la situazione nelle carceri non solo sia insostenibile, ma costituisca una violazione dei principi costituzionali. "Serve prendere parola pubblica, perché non possiamo semplicemente assistere alla cinica contabilità dei morti in carcere", afferma, al fianco di una folla che non ha paura di sollevare una questione troppo spesso dimenticata.

Il cuore pulsante della mobilitazione è proprio la denuncia di un sistema che non riesce a garantire nemmeno il più basilare dei diritti umani: la dignità. Con 62.110 detenuti contro 51.234 posti, il sovraffollamento nelle carceri italiane è un’emergenza di portata gigantesca. Per far fronte a questa situazione, si fa strada l’idea di una "rete di città" che alimenti il dibattito pubblico e che metta al centro le condizioni di vita di chi è privato della libertà, come affermato dal presidente dell’Ordine degli avvocati di Bologna, Flavio Peccenini, che invoca misure concrete per svuotare le carceri. "Non possiamo continuare a costruire carceri nuove. Dobbiamo svuotare quelle vecchie e renderle luoghi di recupero", sottolinea Peccenini.

Tra i partecipanti alla manifestazione c'è anche l'attore bolognese Alessandro Bergonzoni, che, con la sua tipica ironia provocatoria, lancia l'invito ai cittadini di "rivoltarsi". "Prendete i vostri cappotti, rivoltateveli", afferma, "perché ogni volta che qualcuno vi chiederà perché il vostro cappotto è rivoltato, avrete l’occasione di spiegare perché le carceri italiane sono un luogo rivoltante". Un gesto simbolico, che non lascia indifferente la piazza e che si collega a un tema urgente: la necessità di ridurre la violenza nelle prigioni e di porre maggiore attenzione su coloro che, pur colpiti dalla giustizia, finiscono per subire una vendetta sistemica dallo Stato stesso.

La manifestazione, che ha visto la partecipazione anche di importanti figure legali e politiche, non è solo un atto di protesta, ma un invito a cambiare radicalmente il modo in cui si concepisce la giustizia penale in Italia. "Sono persone, non bestie", ha dichiarato Bergonzoni, sollevando il velo su una realtà troppo spesso ignorata o mistificata dal dibattito pubblico. La causa è chiara: non c'è giustizia senza dignità, e non c'è dignità senza riforma.

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